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VENDITA? NO, GRAZIE !Tante buone ragioni per dire NO alla vendita delle aziende di IT Mercato
Non ci sono dichiarazioni ufficiali da parte di Finsiel e di Telecom in merito alla vendita delle aziende di IT Mercato ma le indiscrezioni pubblicate (fatte pubblicare…) dal Sole 24 Ore, da MF e dal Mondo sono precise ed affidabili: IT Mercato non fa parte del core business di Telecom e sono in corso contatti con i possibili acquirenti interessati alle diverse aziende.
Con questo comunicato proviamo a spiegare, in maniera semplice, i principali motivi per cui siamo contrari alla vendita.
La collocazione attuale di IT Mercato
IT Mercato è una Business Unit del gruppo Telecom. La solidità industriale che deriva dalla integrazione all’interno di un gruppo leader nelle tlc è evidente. Altrettanto evidenti sono i vantaggi derivanti dalla possibilità di sfruttare la presenza capillare sul territorio e la rete commerciale di Telecom per far conoscere l’offerta di prodotti e servizi di IT ed acquisire nuovi mercati. La marcata integrazione tra informatica e telecomunicazioni consente inoltre notevoli sinergie e offre ulteriori possibilità di innovazione e sviluppo. Infine non va dimenticato che il gruppo Finsiel, con una quota del 10% circa del mercato italiano dei servizi di IT, rimane il principale gruppo industriale del settore.
Il piano industriale di IT Mercato
In un’ottica di integrazione e sinergie tra le aziende, all’interno di Telecom, è stato definito un piano di investimento e sviluppo per l’informatica che coinvolge, affidando loro missioni differenti, sia IT Gruppo (Telesoft, Netsiel, Saritel, Sodalia) che IT Mercato (la Finsiel e le altre aziende del gruppo, insieme a Netikos, Webegg, TeleAp, Domus Academy, Software Factory). Si tratta di un piano articolato su tre anni (2002-2004) e, nell’arco del 2002, sono già state affrontate alcune delle criticità evidenziate nel piano: definizione del perimetro; razionalizzazione della rete commerciale; riduzione dei costi, in particolare con interventi mirati ai contratti di esternalizzazione. Ma le iniziative più significative e qualificanti del piano industriale per realizzare l’effettivo rilancio delle società del gruppo (riorganizzazione interna, innovazione, riqualificazione, sviluppo professionale) sono appena in fase di avvio.
Il confronto tra azienda e sindacato
Il 19 dicembre scorso è cominciata la verifica tra azienda e sindacato (strutture nazionali e coordinamento delle RSU del gruppo) sullo stato di avanzamento del piano, sulla coerenza degli interventi compiuti rispetto agli obiettivi e sulla corretta applicazione dell’accordo sindacale del 2 settembre 2002, che prevede anche il ricorso alla mobilità (legge 223/91). In quella occasione l’azienda, rappresentata dai suoi massimi dirigenti, ha confermato gli impegni presi e la validità del piano industriale.
Le prospettive industriali
Il piano predisposto e presentato da Telecom e l’accordo che ne è derivato esprimono la volontà di difendere e sviluppare un forte comparto industriale di IT, integrato all’interno di una società di servizi per le tlc di livello mondiale. Questo piano rappresenta concretamente la possibilità di evitare il declino della principale industria nazionale in un settore fortemente strategico (e vale la pena di sottolineare che si tratta di uno dei pochi settori industriali che mantiene un sensibile tasso di crescita, garantendo livelli occupazionali alti e qualificati). L’informatica di Telecom tra prospettive di sviluppo e piani di dismissione
Se il piano industriale venisse accantonato, lasciando incompiute le operazioni appena cominciate, e se le trattative in corso dovessero portare effettivamente alla vendita delle varie società ciò sarebbe la dimostrazione della volontà predatoria di Pirelli-Telecom: prima l’acquisizione dell’informatica Finsiel, poi la vendita di alcune parti pregiate (Sogei, Lottomatica), a seguire la ristrutturazione interna (sfruttando anche i soldi pubblici per mettere in mobilità le persone) e infine la vendita a pezzi di quello che rimane, lucrando sulla disgregazione della principale industria nazionale nel settore dell’Information Technology.
Spezzatino, declino industriale e crisi occupazionale
Molte critiche possono essere fatte alla gestione Telecom per come l’abbiamo conosciuta finora ma è chiaro che ogni ipotesi di vendita, tanto più se “a pezzi”, apre immancabilmente la porta a scenari di precarietà industriale e di crisi occupazionale. Ricordando che si parla ormai esplicitamente di operazioni di spezzatino industriale (con le evidenti conseguenze in termini di perdita di massa critica e di sinergia tra le aziende), va sottolineato che i possibili compratori non sono interessati alle aziende di IT Mercato per il loro valore o per le risorse e le competenze professionali che in esse risiedono. Questi signori infatti sono in trattativa con la Telecom attratti dalla possibilità di acquisire i mercati e i contratti delle diverse società in questione. E se, in prima battuta, potrebbero accontentarsi delle operazioni di imbellettamento già realizzate da Telecom (taglio dei dirigenti; alleanze con Microsoft, Oracle e SAP) è legittimo prevedere che subito dopo procederanno alle ristrutturazioni che si rendessero necessarie.
Chi vende, chi compra, chi viene venduto: gli scenari futuri
I possibili acquirenti (Accenture, HP, Engineering, IBM, EDS, …) sono tutte aziende concorrenti, che agiscono specificatamente nel settore informatico e hanno una organizzazione confrontabile con quella delle aziende Finsiel. E’ chiaro che il primo problema, in caso di integrazione tra aziende simili, è quello della sovrapposizione/duplicazione di innumerevoli strutture interne, con evidenti conseguenze in termini di tagli. In secondo luogo si porrà la questione del subentro di persone fidate (dell’azienda che compra) in ruoli di coordinamento, controllo e gestione dei processi (dell’azienda venduta) fino ad arrivare alla vera e propria ristrutturazione necessaria per uniformare/ottimizzare l’organizzazione, le professionalità e la collocazione delle risorse (l’azienda venduta deve adeguarsi alle strategie, alla struttura e alla “cultura” dell’azienda che compra).
Nazionalismo o globalizzazione?
Più in particolare, anche se tale discorso appare prematuro, si può considerare il caso di pezzi ceduti ad aziende nazionali o a multinazionali. In questo secondo caso è evidente la criticità che deriva dallo spostamento all’estero dei centri decisionali e dalla conseguente aleatorietà delle strategie e degli investimenti. D’altra parte l’ipotesi di pezzi ceduti ad aziende italiane porterebbe alla costituzione di gruppi industriali di medie dimensioni, presumibilmente concentrati solo su alcuni segmenti del mercato, che troverebbero oggettive difficoltà a confrontarsi e a reggere la competizione del settore, in particolare a livello europeo. Dal punto di vista industriale sembrerebbe più logica ed opportuna una operazione di segno opposto ovvero Telecom-Finsiel che acquisisce altre aziende, dando continuità e prospettive alle acquisizioni spot di Webegg e TeleAp, per rafforzare e dare le migliori possibilità di sviluppo ad un polo industriale di informatica integrato nel settore dell’ICT.
Di fronte a questi scenari ed in attesa di comprendere meglio l’evoluzione della situazione ribadiamo con forza il nostro NO alla vendita delle aziende. Le ragioni di questo NO non sono semplicemente ragioni difensive ma, al contrario, sono ragioni dettate dalla volontà di costruire un futuro industriale positivo per i lavoratori (e per il Paese) in un settore strategico.
Roma, 20 gennaio 2003 RSU Finsiel – RSU TSF |
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