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Accordo Armonizzazione 3/07/2009

Mobilità lunga e Accordi 19/02/2007

Proposta rsu per Almaviva Green

CHE COSA CI INSEGNA IL CASO FIAT

 

IL 31 Ottobre la Fiat ha chiesto il riconoscimento dello stato di crisi aziendale aprendo le procedure per la messa in mobilità e in cassa integrazione a 0 ore di 8.500 dipendenti (negli stabilimenti di Termini Imerese, Arese, Cassino e Mirafiori, con conseguente crisi dell’indotto in tutta Italia).

Lo ha fatto senza alcun tipo di negoziato col sindacato; anzi, peggio: lo ha fatto dopo aver firmato, appena 2 mesi prima, un accordo (solo con Fim, Uilm e Fismic) che aveva mandato altri 3.500 lavoratori in cassa integrazione, dichiarando allora che “con questo accordo si sarebbe avviato il superamento della crisi”.

Oggi, con arroganza e ipocrisia, il management dell’azienda chiede fiducia sul Piano industriale presentato dichiarando che i tagli ai costi, in particolare quelli delle risorse umane, sono un fatto “doloroso ma necessario”.

 

La crisi della Fiat è il frutto di un modello industriale che si è rivelato sbagliato alla radice: è il modello che, a partire dagli anni ’80, ha puntato tutto sulla compressione dei costi (e in particolare del costo del lavoro, cioè degli stipendi dei dipendenti), fino ad arrivare al tentativo di abbattere i diritti più elementari (malattia, riposi dei turnisti, garanzie del Contratto Nazionale), senza invece investire in qualità, ricerca e innovazione di prodotto (l’automobile da vendere).

 

Il risultato è sotto gli occhi di tutti: mentre i manager si dimettevano con liquidazioni miliardarie (De Benedetti, Ghidella, Romiti, Cantarella, …), i lavoratori non riuscivano più ad avere la contrattazione integrativa, il potere d’acquisto dei loro salari diminuiva, l’orario aumentava e l’occupazione calava. Il tutto mentre la quota di mercato Fiat in Italia (dove è monopolista) passava dal 60 al 30 %.

 

Oggi il cosiddetto Piano Industriale Fiat prosegue sulla stessa strada superando il punto di non ritorno. Perché non è vero che tra un anno i lavoratori rientreranno dalla cassa integrazione: ci saranno decine di migliaia di licenziamenti (tra Fiat e indotto), interi stabilimenti e zone industriali saranno trasformati in deserto, il settore auto passerà alla GM e l’Italia perderà anche l’ultimo settore portante dell’industria meccanica nazionale e con esso capacità di innovazione e ricerca.

Saremo un paese più povero, perché assemblare o commercializzare auto, richiede meno occupati che produrne, ma la famiglia Agnelli sarà uscita dalla sua situazione critica.

 

Per questo il sindacato e i lavoratori chiedono di discutere un Piano industriale diverso: che parli di sviluppo, di nuovi modelli di auto da produrre, di risorse economiche da investire, di nuovi assetti manageriali che gettino le basi per uscire dalla crisi.

 

Per questo scioperano e manifestano, chiedendo la nostra solidarietà; e lo fanno subito, con forza,  perché la lotta si decide in queste settimane.

 

La nostra convinta adesione allo sciopero nazionale, convocato da Fim, Fiom e Uilm per il 15 Novembre, non è solo questione di solidarietà: dobbiamo apprendere la lezione che la Fiat ci impartisce.

 

Se passa la Fiat, la strada è segnata e molti gruppi industriali vorranno seguirla.

 

Per questo lo sciopero del 15 è anche uno sciopero per noi: bisogna impedire alle aziende di praticare la strada dei licenziamenti di massa come soluzione alle situazioni di difficoltà e di crisi.

 

VENERDI’ 15 NOVEMBRE – SCIOPERO UNITARIO

 

 

Roma, 13 Novembre 2002                                 RSU TSF – RSU FINSIEL

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