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[ Dicono di noi > I call center scendono in piazza - Il manifesto, mercoledì 10 set 2008 ]

Accordo Armonizzazione 3/07/2009

Mobilità lunga e Accordi 19/02/2007

Proposta rsu per Almaviva Green

PRECARI · Il 19 lo sciopero nazionale: «Trentamila ancora a progetto, intervenga il ministro Sacconi»

I call center scendono in piazza

Ispezioni ferme e committenti «golosi» di massimo ribasso. Corteo a Roma

Antonio Sciotto - ROMA

 

Sono ancora 30 mila i lavoratori precari nei call center, e chi ha un posto fisso è a rischio proprio per questo. Le aziende continuano a fare dumping scaricando i costi sui cocoprò: il nuovo uso è offrire ai committenti pacchetti «due in uno», prezzi stracciati sul personale subordinato grazie ai ricchi margini praticabili sugli atipici. E così i lavoratori a progetto restano tali, quelli a tempo indeterminato non riescono ad evolversi (niente integrativo, niente miglioramenti normativi o retributivi), mentre sono in difficoltà le imprese che hanno già regolarizzato il personale, con relativo rischio esuberi per migliaia di dipendenti. Un quadro che è velocemente peggiorato con il nuovo governo, e con il nuovo ministro del Lavoro - Maurizio Sacconi che ha trascurato del tutto il settore e messo nel cassetto le attività ispettive. Gli ispettori del lavoro sono ormai fermi da mesi, da prima dell'estate: dall'insediamento dell'esecutivo Berlusconi. Così gli operatori - tutti, anche quelli che hanno il posto fisso scendono in piazza per la prima manifestazione nazionale: sciopero l'intero turno e corteo a Roma il 19 settembre (10,30 Piazza Repubblica). Alla vigilia di una manifestazione così importante, non potevamo mancare l'appuntamento con la lista dei «buoni» e dei «cattivi»: le aziende che - virtuosamente - hanno stabilizzato il personale, e quelle che invece ancora resistono, perpetuando la condizione di precarietà per i propri operatori. Ci ha fornito un elenco - sommario, per ovvie ragioni di spazio - Alessandro Genovesi, segretario nazionale della Slc Cgil: «Dal 2007, a partire dalla stagione che è seguita alla prima circolare Damiano - spiega - sono stati stabilizzati in tutto circa 24 mila operatori. Lo hanno fatto imprese come Almaviva, Comdata, Teleperformance, Be2win, in parte anche Omnia e Transcom. Dall'altro lato, ci sono aziende che continuano a fare concorrenza sleale grazie a un grosso numero di cocoprò: Phonemedia (circa 1000 a progetto), Des Solutions (200-300), Datel-Telic del Gruppo Abramo (500-600), Omnia Network (circa 1000), Call&Call (a Locri oltre 500)». Ma non è solo «colpa» delle aziende che offrono servizi in outsourcing , le responsabilità ricadono anche sui committenti, che «sguazzano» nelle offerte al massimo ribasso, e poi sul governo, che ha troncato di netto il lavoro del precedente esecutivo, stoppando di fatto l'attività ispettiva. E, come se non bastasse, c'è un «giallo» che resta per il momento irrisolto: ben 8 mila verbali ispettivi, realizzati negli ultimi due anni, sono chiusi nel cassetto. Nessuno ne conosce il contenuto, non si sa che esito avranno. «Chiediamo al ministro Sacconi di aprire subito il tavolo con le parti sociali - dice Genovesi E poi devono ripartire gli ispettori. Inoltre chiediamo che anche i committenti si responsabilizzino, tutte quelle compagnie delle tlc - ma non solo - che danno commesse con lavori a progetto: Telecom, Vodafone, Wind, H3G, Fastweb, ma anche Sky, Enel, Eni, Mediaset, per non parlare di municipalizzate come Acea e Aem Milano, o le Ferrovie». Il sindacato si muove anche sul fronte contrattuale: le tlc vanno al rinnovo a fine anno, e Slc, Fistel e Uilcom - organizzatrici della protesta del 19 - chiederanno di inserire delle clausole sociali che permettano di mantenere costi del lavoro congrui anche nei cambi di appalto, in modo da non gettare gli operatori in una costante ansia da «concorrenza sui prezzi». Non a caso, la prima manifestazione dei lavoratori dei call center non riguarda solo chi è in outsourcing (cioè appaltato), ma anche gli interni delle grosse compagnie, come Tim. Va ricordato che è in vigore una seconda circolare Damiano, del marzo scorso, importante perché includeva di fatto tra gli aventi diritto al lavoro subordinato anche i cosiddetti outbound (cioè gli operatori che fanno le telefonate): se ad esempio c'è un maxi-cervellone che smista le telefonate, facendole «cadere in cuffia» (come accade praticamente nella grandissima parte dei call center), senza che dunque il lavoratore possa stabilire chi chiamare e con quali criteri; se ci sono sistemi di verifica sulle turnazioni (e anche questo accade spesso), quel lavoro è subordinato e non può essere inquadrato a progetto. «Gli outbound non ancora stabilizzati , circa 30 mila - conclude Genovesi - ricadono quasi tutti sotto queste condizioni, dunque adesso è il momento di riconoscerlo: le aziende, i committenti, il governo e gli organi ispettivi devono fare la loro parte». Quanto ai 24 mila che sono già stati stabilizzati celebre il «caso Atesia» - dopo diversi sacrifici sul pregresso, hanno potuto parzialmente recuperare perché aziende come Almaviva, Comdata e Teleperformance hanno fatto accordi di secondo livello, con avanzamenti e premi di risultato. Ma sono tutte conquiste a rischio - incluso a volte lo stesso posto di lavoro - se tante altre imprese continueranno con il lavoro cocoprò e la concorrenza sleale. Grazie al recente «milleproroghe», si può ancora stabilizzare, con relativi incentivi, fino al 30 settembre.

 

Il manifesto – 10 settembre 2008

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