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[ Dicono di noi > Il crack dei crack - Il Manifesto, venerdì 21 nov 2008 ]

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IL CRACK DEI CRACK

Se c'è la crisi, addio diritti

Con un emendamento seminascosto nel «decreto infrastrutture» il governo generalizza a tutte le aziende in amministrazione controllata la «norma Alitalia» che cancella la clausola sociale (l'art. 2112 del codice civile). Quella per cui chi viene ceduto insieme al «ramo d'azienda» mantiene comunque livello salariale e inquadramento contrattuale. Protestano Cgil, il Pd e Rifondazione. E' la conferma che il governo affronta la crisi lasciando mano libera all'impresa e comprimendo il mondo del lavoro. Tutta materia in più per lo sciopero del 12 dicembre

Francesco Piccioni

 

A pensar male si fa peccato, spiegava Andreotti, ma ci si prende quasi sempre. Con questo governo, però, scompare persino il «quasi». Ieri l'aula del Senato ha approvato un emendamento presentato dal governo che estende a tutte le aziende a rischio di insolvenza il regime «eccezionale» ideato per gestire la vendita di Alitalia a un gruppo di imprenditori disponibili a improvvisarsi per qualche mese «compagnia aerea».

Si discuteva della trasformazione in legge del «decreto infrastrutture» del 23 ottobre di quest'anno, che doveva occuparsi di misure di sostegno all'autotrasporto, quando è stato aggiunto - all'articolo 3 - un breve testo come «disposizione in tema di imprese in amministrazione straordinaria». Con il quale si annulla di fatto l'art. 2112 del codice civile, la cosiddetta «clausola sociale», per cui un lavoratore il cui «ramo d'azienda» viene ceduto ad altra società, mantiene comunque inquadramento contrattuale e livelli retributivi goduti in precedenza. Si tratta di una tutela comunque imperfetta, aggirata decine di volte nella gestione pratica di numerose crisi aziendali; ma di una tutela impugnabile in sede giudiziaria.

Ora, invece, non esiste più per tutte le quelle aziende che si trovano in «amministrazione controllata» e debbono perciò cedere interi comparti per «fare cassa». Il caso più noto è quello della vendita della «parte buona» di Alitalia alla Cai di Roberto Colaninno. Per la quale sono state in un colpo solo congelate sia le regole antitrust che l'applicazione della 2112. In pratica, come spieghiamo da due mesi, i lavoratori vengono tutti licenziati e messi in cassa integrazione (e Alitalia chiude), mentre la nuova società li assume ex novo sulla base di contratti completamente diversi, sia per quanto riguarda l'organizzazione del lavoro che per i livelli salariali.

La mossa è gravissima, anche perché passa quasi sotto silenzio sui grandi media. Decine di migliaia di lavoratori ne saranno colpiti, nelle crisi a cascata che si vanno moltiplicando ogni giorno. E' un modo di scaricare i costi della crisi completamente su chi lavora, garantendo alle imprese quella «mano libera» che non si riesce a far passare come «riforma del modello contrattuale».

Persino due antesignani della riduzione delle tutele dei lavoratori dipendenti, come Tiziano Treu e Pietro Ichino, ora parlamentari del Pd, hanno mostrato parecchio disagio. Il primo, titolare di quel famoso «pacchetto» che ha introdotto la maledizione perenne dei contratti precari («atipici», fu scritto), ha evidenziato come «mentre tutta Europa si sta interrogando sulla necessità di prevedere sistemi di garanzie per i lavoratori nei casi di cambiamenti degli assetti azionari e di trasferimenti, il governo italiano approva una norma che va contro le elementari necessità di giustizia sociale». Il secondo, più freddamente, la giudica un'operazione «sicuramente destinata ad essere cassata dalla Corte di giustizia», ed «espone lo Stato italiano ad una sanzione» comunitaria.

Paolo Ferrero, segretario nazionale Prc, parla di «un governo contro i lavoratori. Com'era evidente, Alitalia è stata usata come un grimaldello per scardinare le tutele del lavoro». Sul piano politico, invece, «si chiarisce la principale differenza tra i Berlusconi del 2001 e quello di oggi; allora pianificava e annunciava le misure che voleva mettere in pratica - come l'art.18 - ora invece usa le crisi per snaturare tutto quello che può. L'ha fatto con i rifiuti, usando l'esercito e la giurisdizione, con l'Alitalia, con l'esercito nelle città sulla 'sicurezza'».

Giudizio simile arriva anche dalla Cgil, con i segretari confederali Fulvio Fammoni e Fabrizio Solari, per i quali «è l'esatto contrario di quello che sarebbe necessario fare a fronte della straordinaria profondità della crisi e alle evidenti tensioni occupazionali». Evidente anche la forzatura istituzionale per cui si «utilizza un contenitore legislativo estraneo al tema per inserire norme che penalizzano l'occupazione e i diritti dei lavoratori».

L'assemblea di palazzo Madama ha comunque dato il via libera all'intero provvedimento, che ora passa all'esame della Camera. Il tempo per fermare questa norma odiosa non è molto, ma è certamente materia in più per lo sciopero generale che si terrà il 12 dicembre. Cominciando magari ad alzare da subito la voce.

 

il manifesto – 21 novembre 2008

 

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