Contratto
metalmeccanici: la trattativa inizia davvero
Federmeccanica
propone 67 euro di aumento e 33 legati alla produttività. «Distanze enormi» e 8
ore di sciopero
Francesco Piccioni
Roma
«Eppur si muove». Il treno della trattativa per il
rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici si è messo in moto, ieri
pomeriggio, nel corso della riunione plenaria tra la delegazione di Federmeccanica
e quelle dei sindacati di categoria, nella sede centrale di Confindustria. Non
sarà facile arrivare in stazione, ma il rischio più grande era che il treno
deragliasse già alla partenza.
La piattaforma rivendicativa è giudicatata - definizione del direttore generale
di Federmeccanica, Roberto Santarelli - «onerosa» dalle aziende. Fin qui
peraltro rigide sull'offrire soltanto il recupero dell'inflazione (60 euro) sul
piano salariale, e nel pretendere il controllo assoluto della «flessibilità»
sull'orario di lavoro. Che però la situazione stesse mutando era in qualche
modo nell'aria. La «plenaria» ha subito diversi slittamenti di orario, perché
si stava tenendo la riunione tra gli imprenditori. E sembra proprio che non sia
stata di routine, con grandi divisioni tra aziende medio-grandi e quelle
piccole, finché i responsabili della trattativa non sono riusciti a far capire
che presentarsi di nuovo al tavolo senza una proposta significava «rompere» e
mettersi ad aspettare una lunga tornata di scioperi.
Tanto è bastato per partorire la «proposta» delle imprese: 67 euro in busta
paga e 33 in base a un certo numero di parametri di produttività a
livello aziendale (il che significa che potrebbero esser dati solo là dove
esistono certe condizioni); disponibilità a discutere di una revisione
dell'inquadramento (passaggio dal sistema a livelli, con divisione tra operai e
impiegati, a un sistema unico per «fasce»), ma con tempi molto più dilatati
rispetto all'eventuale firma del contratto; atteggiamento favorevole a
comprendere gli «interinali» nella quota di lavoratori «atipici» ammissibile
dentro un'azienda; disponibilità a discutere di «bacini» e «percorsi di
stabilizzazione», ma con tempi diversi. Ma nessuna intenzione di concedere un
aumento di 30 euro per chi non ha la contrattazione aziendale (e non può perciò
fare il contratto integrativo). Al massimo, concede Santarelli, si può
recuperare l'esperienza dell'ultimo contratto, dove si decisero degli «elementi
perequativi» pari a 10 euro mensili.
Come molti sindacalisti in sala hanno commentato, era solo «il minimo per non
andare alla rottura». Ma era anche il segnale atteso. Iniziava Giorgio
Caprioli, della Fim Cisl, che giudicava «insoddisfacente» la proposta
confindustriale sia sul salario che - soprattutto - sull'inquadramento, ma la
considerava anche una «base da cui partire». Seguivano il segretario della
Uilm, Tonino Regazzi, secondo cui «c'è molto da fare, am il negoziato si sta
aprendo». Gianni Rinaldini, della Fiom Cgil, riconosceva che le imprese «hanno
risposto ai sindacati su tutti i punti», quantificando anche le loro proposte;
ma «le distanze restano enormi». I «100 euro» sparati immediatamente dalle
agenzie sono infatti «un trucco», perché «sui minimi tabellari l'auento
proposto è la metà di quanto chiediamo noi» (ovvero i 117 della piattaforma
unitaria). Sulla flessibilità d'orario, il segretario generale della Fiom ha
posto due paletti: «qualsiasi cosa contrattata in sede nazionale va poi ricontrattata
a livello aziendale» (dove la flessibilità oraria viene gestita) e «l'aumento
della flessibilità di orario non deve tradursi in aumento dell'orario
individuale annuo». Della serie: se vi occorre più lavoro, assumete!
Il «treno» è perciò appena partito. Il fatto che Federmeccanica si sia spostata
da 60 a 67 euro, e soprattutto i 33 «legati alla flessibilità», significa
soltanto che l'orizzonte delle imprese è intorno ai 100 euro, ma sperano che i
sindacati «se li guadagnino» nel corso della trattativa, concedendo su altri
punti (l'orario, innanzitutto). Sul resto, lo spazio per discutere è ampio.
L'inquadramento non è un «problema politico» (Santarelli), ma solo di tempi. Là
dove c'è già stato un accordo che va nella stessa direzione ci sono voluti
tempi lunghi (un paio d'anni di discussione e un altro paio per l'attuazione in
azienda).
Le segreterie di Fim, Fiom, e Uilm hanno perciò deciso immediatamente - si
rivedranno oggi - 8 ore di sciopero «da realizzare nelle prime tre settimane di
dicembre», con blocco degli straordinari e della flessibilità. Ma l'obiettivo
resta il raggiungimento dell'accordo entro la fine dell'anno.
Il manifesto – 22 novembre 2007