L'«assemblea
dei 500» delegati metalmeccanici approva la piattaforma;
da
lunedì referendum
«La
ripresa è fatta da chi lavora»
Francesco Piccioni
Roma
«Il modo in cui abbiamo
deciso di procedere è un richiamo alle regole della democrazia. Tanto più importante
in tempi di sfiducia, crisi della politica, distacco dalla gente». I sindacati
dei metalmeccanici, infatti, sottoporranno fin da lunedì - per tre giorni - la
piattaforma contrattuale al giudizio di tutti i lavoratori, di tutte le
fabbriche, con voto a scrutinio segreto. Perché un contratto decide delle
«condizioni di lavoro e retributive» di centinaia di migliaia di persone; e non
si può «decidere» senza chiedere un parere vincolante ai diretti interessati.
Fu così anche due anni fa, ma soltanto per l'accordo conclusivo. Stavolta si
adotta il metodo fin dall'inizio. Quell'esperienza è stata importante, fondativa
di un costume nel «fare sindacato». Che non è ancora diventato patrimonio
comune di tutte le categorie ma, si sa, i metalmeccanici amano fare da
apripista per le cose migliori.
Al segretario generale della Fiom è toccato illustrare non tanto i contenuti
della piattaforma - è stata discussa in migliaia di assemblee e qui, nel teatro
Eliseo, si parlava davanti ai 500 delegati che l'hanno dovuta spiegare a tutti,
nelle fabbriche - quanto gli elementi di novità, i punti salienti, quelli su
cui sarà prevedibilmente più forte lo scontro con Federmeccanica (a sua volta
«punta di diamante» dello schieramento padronale, con il presidente della Fiat
che è anche presidente di Confindustria, nonché nuovo «salvatore della patria»
in pectore).
Si pretende di mettere un freno deciso alla proliferazione dei contratti
precari. Non solo definendo come «normale» nel settore il contratto di lavoro
«a tempo indeterminato», ma soprattutto fissando sia un tetto percentuale
invalicabile a queste forme contrattuali (il 15% degli occupati in un'impresa),
sia una tolleranza per solo due di queste tipologie: l'apprendistato e il
contratto a termine. Considerati fra l'altro «non cumulabili» (non si potrà
pretendere di far fare tre anni a un ragazzo come apprendista e poi di
riassumerlo con contratti a termine rinnovabili) e dotati di una tempistica
certa per il passaggio a tempo indeterminato. Come si vede le formule previste
dalla «legge 30» - nella perenne attesa della sua abolizione - vengono qui
ridotte a due (tre, considerando il part time). Un'indicazione precisa e di
carattere generale su cui vale la pena di dare battaglia.
Su ruolo delle Rsu, contrattazione nazionale e «secondo livello», appalti e
sicurezza, si può vedere il commento qui di fianco. Sul piano economico,
invece, ha un'indubbia forza la richiesta di 117 euro di aumento medio
(corrispondenti al 5° livello), più 30 per gli esclusi dalla contrattazione
aziendale. Aumenti che peraltro considerano non «riassorbibili» gli eventuali
«superminimi» concessi unilateralmente (e individualmente) dalle aziende. Al
terzo livello di inquadramento, quello degli operai di linea, si tratta di 101
euro - «certo insufficienti», ammette dal palco la delegata di Mirafiori, che
preferirebbe gli «aumenti uguali per tutti» - ma comunque «importanti» per
invertire una tendenza.
La prima reazione di Federmeccanica, con Calearo, era stata un «non se ne parla
neppure». Il clima interno alle fabbriche, le buone prove degli scioperi
spontanei sulle pensioni, la consapevolezza diffusa tra i lavoratori che ora
«la ripresa c'è, ed è trainata dal settore metalmeccanico», devono però aver
dato la misura - anche a un padrone abituato a «fare l'estremista» - di una
corda che non può essere troppo tirata. Anche perché l'industria leader del
settore, la rinata Fiat di Sergio Marchionne, ha il vento in poppa e certo non
gradirebbe una vertenza dalla durata infinita, con scioperi a ripetizione che
potrebbero metterne in forse l'intensità dello sforzo produttivo.
Una situazione che porta molti a chiedersi «se non si pone ora, in questa
situazione economica relativamente buona, la questione di un recupero
salariale, quando mai la potremo porre?». Il nemico è altrettanto chiaro e per
nulla nuovo: è quel «pensiero unico» ribadito solo 24 ore prima da Montezemolo
(«lo stesso che chiede 2.000 prepensionamenti e, due mesi dopo, pretende
l'allungamento dell'età lavorativa»). E che recita semplicemente: gli interessi
delle imprese sono l'unico interesse del paese. Di certo, i metalmeccanici sono
pronti a farsi sentire.
Il manifesto – 26 maggio
2007