Denuncia
di sindacalisti e interrogazione di Boccia e Russo Spena
Strani
poliziotti antisindacato
Tommaso De Berlanga
Non è la prima volta, e non sarà
certo l'ultima, che l'occhio vigile dei «servizi di sicurezza» viene puntato
sui sindacalisti, i lavoratori, «gli antagonisti», su quella parte di società
che sopporta il peso degli squilibri «sistemici». Dai tempi dell'agenzia Pinkerton
sono cambiate molte cose, meno che questa.
Però le modalità con cui due presunti funzionari del ministero dell'interno hanno
avvicinato a Roma - a pochi giorni di distanza - due sindacalisti di base che
ruotano intorno alla vertenza Atesia (il più grande call center italiano) sono
decisamente fuori ordinanza. Uno di questi, Marco Paolucci, rappresentante
sindacale in Aci Informatica, è stato «intercettato» all'uscita dal lavoro da
un uomo che si è qualificato come agente di un inesistente (finora) «centro
studi per la prevenzione dei conflitti sul lavoro». Così come il secondo, più
partecipe alle iniziative di quartiere a Torpignattara, «contattato» nei pressi
della sua abitazione. Modi gentili, chiare allusioni al fatto che i loro
movimenti vengono attentamente «monitorati» da diverso tempo. Evidente - per le
modalità stesse dell'«avvicinamento» - l'intenzione intimidatoria.
La denuncia è partita dai diretti interessati ed è stata raccolta in
un'interrogazione parlamentare presentata da Giovanni Russo Spena e Maria Luisa
Boccia ((Prc). Dove si chiede se il ministro «sia a conoscenza» di tale
misteriosa e non troppo costituzionale attività del suo ministero; se «tale
attività sia supportata da disposizioni legislative» (sarebbe davvero
sorprendente); e «se non ritenga che tali episodi rappresentino una forma di
intimidazione nei confronti di liberi cittadini che esprimono apertamente le
proprie idee e svolgono pubblicamente attività politica e sociale». In una
conferenza stampa tenuta ieri parecchie associazioni territoriali e sindacali,
tra cui i Cobas e il Collettivo precari Atesia, hanno voluto lanciare l'allarme
«perché vengano respinte provocazioni e montature ai danni di questi compagni
che appartengono al movimento di massa».
Tanto più preoccupante, il tutto, in una situazione in cui si è già avuta
notizia che - invece - gruppi di provocatori professionali si sono pian piano
infiltrati «dal basso» in varie organizzazioni sindacali. Con compiti ignoti,
ma certo non miranti all'emancipazione dei lavoratori. Visto che compaiono
tanto spesso nei dintorni di inchieste giudiziarie, anche clamorose, senza
esserne mai investiti.
Il manifesto – 5 maggio 2007