Maxi
bidone da Ferrovie, Almaviva e Cisl «Stabilizzano» con contratti a termine
Call
center 892021: la Tsf (società di Almaviva ed Fs) fa assumere i cocoprò, ma
resteranno precari. «Merito» della finanziaria e di un accordo con la Fim
Antonio Sciotto - Roma
Al binario di Trenitalia è in arrivo
il nuovo «bidone», firmato Ferrovie dello Stato, Almaviva e Fim Cisl: un
accordo di «stabilizzazione» che non stabilizza nessuno, e che trasforma i
precari del call center Trenitalia... in precari. In realtà, ci ha messo molto
di suo anche il governo dell'Unione, che nell'ultima finanziaria ha disposto
che i famosi accordi di «stabilizzazione» non prevedano solo contratti a tempo
indeterminato, ma anche tempi determinati di minimo 24 mesi. E dunque le
aziende si stanno scatenando pur di non dare l'ambito «posto fisso» ai cocoprò
sfruttati per anni. Ricordiamo, da un lato, che nei call center in outsourcing
le imprese hanno già deciso di interpretare le stabilizzazioni negando il
rapporto subordinato a ben 40 mila parasubordinati (e in questo caso si
appoggiano su un altro «gioiello» del governo, la «circolare Damiano», che
concede i contratti a progetto per gli outbound, i lavoratori che fanno le
telefonate): lo spiegava la Assocontact-Confindustria il 24 marzo scorso, in
un'intervista al manifesto del presidente Umberto Costamagna. Dall'altro lato,
l'esempio ci viene offerto dall'accordo che andiamo a descrivere: una manciata
di tempi indeterminati e centinaia di contratti a termine.
Dunque, l'intesa «bidone» è quella firmata nel febbraio scorso tra la Sirio Informatica srl e la Fim Cisl. Bisogna premettere che il call center e l'help desk Trenitalia,
che rispondono ai clienti all'892021, sono gestiti in un sistema di «scatole
cinesi» di appalti e subappalti: alla base stanno centinaia di precari e a
monte le Ferrovie e la Almaviva di Alberto Tripi (il proprietario
di Cos e Atesia), associati nella Tsf (il 61% di proprietà Almaviva e il 39%
delle Ferrovie). In mezzo c'è la «giungla» di appalti che allontana i
lavoratori dall'impresa e dalle sue responsabilità: ecco che call center e help
desk sono gestite in appalto da Tsf, che a sua volta dà le postazioni in
gestione a 5 società: Sirio Informatica, Spring Consulting, Elecom, Cm Isitel
ed Exprivia, tutte operanti a Roma. Nomi che danno l'idea di un management
efficiente e «figo», ma che hanno significato fino a 8 anni di precariato per
centinaia di operatori: retribuiti quando andava bene con un netto di 800 euro
al mese, senza ferie né malattie, rinnovati ogni tre mesi e perennemente in
ansia.
Sono oltre 400 gli operatori della «piramide» Tsf, ma per 210 di loro è appunto
arrivato l'accordo tra la
Sirio e la Fim Cisl (la
Fiom Cgil non ha
voluto firmarlo). Al call center, il tempo indeterminato è previsto per sole 5
persone su ben 140, mentre i restanti 135 avranno contratti a tempo determinato
di 24 mesi. Il tutto - ed è qui il grande guadagno per Ferrovie e Almaviva -
solo se firmeranno le conciliazioni sul salario pregresso (anche queste
previste dalla finanziaria), rinunciando a quanto dovuto per anni di
sotto-salario. Ulteriori «fregature»: avranno ricostruiti solo due quarti dei
contributi pregressi (un quarto a carico dello Stato, l'altro quarto
dell'azienda); saranno inquadrati al terzo livello dei metalmeccanici quando
meriterebbero, per le mansioni svolte, almeno il quarto; 55 di loro avranno
orari part time di 20 ore settimanali, accedendo a salari insostenibili.
All'help desk, che impiega altre 70 persone, sono state concordate le stesse
condizioni. Oltretutto, secondo i calcoli del sindacato rimarrebbero fuori
ulteriori 40-50 cocoprò (è difficile censire tutti i lavoratori in imprese così
«volatili») che l'azienda si terrebbe come lavoro «di riserva». L'accordo Sirio
sarebbe stato proposto da Tsf a tutte le altre sotto-aziende. Ma molti
lavoratori, anziché conciliare, si sarebbero già rivolti all'avvocato.
C'è infine un'ulteriore complicazione: da qualche giorno tutte le quote
azionarie della Tsf sono state messe in vendita, pare che Tripi sia pronto a
rilevare il 39% in mano alle Ferrovie. Inoltre, call center ed help desk sono
stati messi in gara, per i prossimi 6 anni. Dunque non è sicuro: 1) che fine
farà la Tsf e a chi andrà il controllo; 2) se
la futura Tsf in effetti si accaparrerà l'appalto di 6 anni. I lavoratori
restano nel «limbo», e certo le cause o le minacce di ispezioni non fanno bene
in momenti di passaggio di pacchetti azionari: ecco perché Ferrovie e Almaviva
avrebbero pressato sulle micro-società subappaltanti, invitandole a
«regolarizzare» i lavoratori.
Il manifesto – 10 aprile 2007