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[ Dicono di noi > Call center: che a pagare siano anche i padroni - Il Manifesto, domenica 01 apr 2007 ]

Accordo Armonizzazione 3/07/2009

Mobilità lunga e Accordi 19/02/2007

Proposta rsu per Almaviva Green

Call center: che a pagare siano anche i padroni

Marina Biggero, Domenico Teramo (Cobas del Lavoro privato – telecomunicazioni)

 

Recentemente su alcuni giornali, Assocontact ha pubblicato una manchette «padronale» nella quale annuncia che i «call center italiani ... si impegnano a trasformare i contratti di collaborazione inbound in assunzioni» e chiede, «in questo tempo di regole e di impegni», alle aziende committenti di accompagnarla «in questo nuovo percorso».
L'ammissione è evidente: per oltre dieci anni i padroni dei call center, primi responsabili delle condizioni di assoluta precarietà e sfruttamento di centinaia di migliaia di addetti nel settore (ben sapendo quanto il loro lavoro fosse subordinato «senza se e senza ma», in inbound quanto in outbound), hanno deliberatamente agito senza rispettare regole e impegni; nemmeno quelle poche dettate dalla legge 30.
Certo, tale impunità ha potuto contare sui favori dei diversi governi «amici» che, pur di non «scorgere» nella catena delle telecomunicazioni dei call center, una lineare quanto anche classicamente taylorista subordinazione del lavoro, si sono sempre tappati occhi, orecchie e bocche!
E' bene ricordare come solo grazie alle mobilitazioni e agli scioperi delle lavoratrici e dei lavoratori autorganizzati dal/nel Collettivo Precari Atesia, nonchè all'esito ispettivo dell'Ufficio provinciale del lavoro di Roma, è stato finalmente presentato, parzialmente, il conto per tutti gli abusi commessi in Atesia - da Telecom prima e successivamente dal Gruppo Cos - e, più in generale, in tutti i call center italiani, dove i diversi padroni avevano fatto dell'illegalità e dell'evasione contributiva una scelta strategica, privando migliaia di operatori e di operatrici di tutti i loro diritti contrattuali ed economici e realizzando una pesantissima evasione contributiva ai danni delle casse dell'Inps.
Finalmente sembrava fosse giunto il momento in cui alcuni diritti potessero essere riconosciuti, ma subito è stato richiesto da parte dei datori di lavoro un intervento del governo che neutralizzasse il verdetto ispettivo. Ed ecco che, grazie al supporto dall'assai potente lobby affaristica delle telecomunicazioni, si inserisce nella legge finanziaria l'articolo 178, «coronato» dall'«avviso comune» siglato tra Cgil-Cisl-Uil e Confindustria, che stabilisce il condono totale a favore dei padroni per l'uso illegale dei contratti a progetto, l'amnistia sui reati penali, finanziari, del lavoro e amministrativi commessi in questi anni; e per i lavoratori e le lavoratrici la rinuncia ai diritti acquisiti e al salario pregresso in cambio di contratti a tempo indeterminato o determinato, anche part-time. In sostanza, i lavoratori e le lavoratrici devono continuare a pagare anche per veder «rispettati» i propri diritti.
Questa è la strada intrapresa negli accordi di «stabilizzazione» siglati negli ultimi mesi: da quello per i «famosissimi» precari di Atesia a quello dei precari di Telegate, che prevedono contratti a tempo indeterminato, ma part time, con stipendi bassissimi e flessibilità di prestazione malamente contenuta dalle «fasce orarie»; dove, come nel caso dell'accordo siglato alla Telegate di Guasticce, viene introdotta la clausola del comando settimanale dei turni e la flessibilità d'orari prevista dal Ccnl dei grafici. Non solo sono stati siglati accordi nei «piccoli» e «medi» call center, che prevedono l'assunzione a tempo determinato, a part-time che pesanti clausole di flessibilità dell'orario per tutti e tutte.
Ora, come se tutto ciò non bastasse (a lorsignori l'appetito vien mangiando) Assocontact alza il tiro: oltre a ribadire che non ha nessuna intenzione di stabilizzare gli operatori outbound, si dichiara impegnata (e quindi non obbligata) dalle regole solo se ognuno farà la «propria parte ... in questo oneroso processo di cambiamento». Costamagna, presidente di Assocontact, chiede esplicitamente che i lavoratori siano assunti con un livello contrattuale inferiore - il 2° - e l'applicazione anche per i part-time dell'organizzazione dell'orario «multiperiodo», previsto dal pessimo Ccnl delle telecomunicazioni per i colleghi full-time.
E se qualcuno ancora si ostina a chiamare tutto ciò «stabilizzazione», noi ribadiamo che - anziché cancellare la precarietà nei call center - con questa «contrattazione» si sta scegliendo di stabilizzare gli alti profitti dei loro padroni e le condizioni di povertà/precarietà di chi ci lavora.

 

Il manifesto – 1 aprile 2007

 

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