Intervista al segretario della Cgil Slc
Alessandro Genovesi, che ha trattato la vertenza con il gruppo Cos
«Ma non si rinegozia
un accordo per una sola bocciatura»
«È un accordo di
gruppo, prima di fare valutazioni definitive bisogna attendere i risultati di
Catania, Palermo e Napoli, perché i lavoratori valgono allo stesso modo ovunque
votino. Ma certo non va nascosto che ad Atesia c'è una sofferenza, prima di
tutto sulla partecipazione»
Contrattualizzare
tutti i lavoratori, farli partecipare alle decisioni sui turni, gli orari, i
contratti. Uscire dall'abuso dei cocoprò, apprendistato, inserimento, per
assicurare a tutti un contratto a tempo indeterminato. La Cgil, con l'ultima intesa Cos, ha superato le ambiguità
che avevano caratterizzato gli accordi al ribasso degli ultimi due anni,
aiutata da due fattori: 1) l'ispezione del ministero, chiesta dal Collettivo
dei Cobas, che ha chiarito che tutti i lavoratori sono dipendenti; 2) la
circolare Damiano che ha stretto le maglie sui call center, pur lasciando la
porta aperta al parasubordinato per gli operatori outbound. Il referendum in
Atesia, voluto dalla stessa Cgil, ha però bocciato l'accordo. Ne abbiamo
parlato con Alessandro
Genovesi,
segretario Slc Cgil di recente elezione, che siede al tavolo di fronte alla
Cos. Esperto di mercato del lavoro e animatore della proposta di legge «Precariare
stanca», che come obiettivo ha proprio la cancellazione della figura del cocoprò,
Genovesi è stato tra l'altro uno degli organizzatori della manifestazione del 4
novembre «Stop precarietà ora», da cui però ha ritirato insieme a molti della Cgil
l'adesione all'ultimo momento, dopo l'uscita del noto volantino Cobas che
attaccava Damiano.
Importante il fatto che abbiate
subordinato la conferma dell'intesa al consenso dei lavoratori, ma in Atesia
l'accordo non è passato.
E' vero, ma ricordiamo che è un accordo di gruppo e
prima di fare valutazioni definitive bisogna attendere i risultati di Catania,
Palermo e Napoli, perché i lavoratori valgono allo stesso modo ovunque votino.
Detto questo, non ci nascondiamo che in Atesia c'è una sofferenza, prima di
tutto sulla partecipazione: quando a un referendum vota solo un terzo dei
lavoratori interessati, mi devo chiedere cosa stia succedendo. Ricordiamo che i
3600 lavoratori di Atesia hanno tutti in tasca la lettera dell'ispettorato del
lavoro, che dice che hanno diritto a un posto da dipendente. Allora perché
hanno votato solo in mille? Credo che tutto il sindacato, confederale e di
base, debba interrogarsi sul perché di una partecipazione così bassa. Sui
contenuti, credo che dovremo capire chi ha votato: molti sono cocoprò che non
vogliono rinunciare a un netto più alto, i lavoratori di commesse a basso
traffico probabilmente non hanno partecipato: sono sfiduciati? Io continuo a credere
che sia un buon accordo, perché i lavoratori acquistano diritti non
monetizzabili.
Come mai non si riesce a fare il
referendum a scrutinio segreto in tutte le sedi?
La Slc nazionale ha dato l'indicazione di
fare i referendum a scrutinio segreto, ma abbiamo affrontato enormi difficoltà:
l'azienda non ci ha fornito la lista dei lavoratori, ci ha dato sale piccole, Cisl
e Uil non hanno aderito alla consultazione. A Napoli si voterà con il
referendum, anche a Catania abbiamo detto chiaramente che preferiamo il
referendum.
Il Collettivo precari e la Rete 28 aprile chiedono
che si torni a negoziare.
Non mi sembra di
aver mai visto che in un accordo di gruppo alla Fiat, quando vota contro solo Mirafiori,
si torni a negoziare. Lo ripeto: bisogna aspettare i risultati definitivi e
rispettare tutti i lavoratori, da Palermo a Roma.
Restano i problemi legati al basso
numero di ore, solo 4, cui sono costretti tutti i neo assunti.
Infatti ora parte l'altra sfida: dobbiamo puntare ad
avere almeno 6 ore, poi tratteremo sul premio di risultato, e sui passaggi dal
terzo al quarto livello.
Il valore politico del tempo
indeterminato è innegabile, ma se l'azienda ottenesse la disponibilità sui
turni sulle 24 ore, i part time a poche ore sarebbero invivibili.
Sui turni infatti andiamo in trattativa, per ora i cocoprò
conservano il turno solo mattutino o solo pomeridiano. Tutto dipende dalle
nostre capacità contrattuali, e le Rsu saranno con noi al tavolo. Io credo sia
interessante ottenere la possibilità per i lavoratori di scambiarsi i turni tra
loro; la visibilità degli orari, ovvero un periodo entro il quale vedi i turni
che ti aspettano; i turni mamma, escludendo dalla flessibilità le lavoratrici
madri. Se l'azienda non è disponibile ad alzare il monte ore, da noi non c'è
disponibilità alla flessibilità: più le ore restano basse, più i turni devono
restare "incatenati".
Per gli altri 250 mila lavoratori dei
call center, magari piccoli, che speranze ci sono? Non è che il sindacato possa
trattare per tutti.
Certo, però l'accordo Cos fa da battistrada: nei piccoli
e grandi call center dobbiamo puntare ad avere il tempo indeterminato. Sarebbe
determinante una modifica delle leggi, non solo per i call center: la riforma
dell'articolo 2094 del Codice civile e la definizione del lavoro
"economicamente dipendente" distinto nettamente dall'autonomo, senza
più zone grigie.
Nino
Burattino – Il manifesto – 24 dicembre 2006