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[ Dicono di noi > Tremonti nel cuore, ma la testa al Tfr - Il manifesto, domenica 08 ott 2006 ]

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Proposta rsu per Almaviva Green

In platea Il doppio passo dei vecchi e giovani industriali
Tremonti nel cuore, ma la testa al Tfr
L'ex ministro dell'economia batte tutti all'applausometro. Però gli imprenditori cercano qualcosa di più di una foto ricordo col «divo Giulio». E ascoltano il successore Padoa Schioppa con dissenso, ma senza fischi. Pronti a sedersi al tavolo del governo Prodi grande assente Mi hanno lasciato solo, fa notare Tps. Ma evita il muro contro muro e alla fine il più contento è Cordero
Roberta Carlini - Inviata a Capri

 

E' finita con Matteo Colaninno che ringraziava commosso i suoi di aver evitato la gazzarra di Vicenza: «Sono fiero di essere il vostro presidente». Presidente dei (sempre meno) giovani industriali, che lasciano alla spicciolata la sala affollatissima del Quisisana stremati dalla lezione del professor Padoa Schioppa, estasiati dalle battute di Giulio Tremonti ma non arruolati nelle sue truppe, ringalluzziti dalla verve da gran premio del loro presidente di Montezemolo e pronti a marciare uniti al grido di «nessuno ci tocchi il Tfr». Dalle loro bocche è uscito un unico fischio, appena pronunciato e misto a qualche risatina, quando a conclusione della sua difesa punto per punto della finanziaria (i punti erano otto, sui cinque minuti ciascuno), Tommaso Padoa Schioppa ha citato «i meriti straordinari di questa manovra».
«Col dovuto rispetto, non esageri», gli ha replicato di lì a poco Cordero. Peccato che sia al capitano degli industriali che alla sua ciurma in gessato sia sfuggito il fatto che la nota di amarezza che accompagnava quella frase era stata riservata da Padoa non alle critiche di industriali e Comuni, ma al bassissimo livello di difesa ricevuto dagli stessi membri del suo esecutivo: «Non capisco i silenzi del governo», ha detto l'ex banchiere centrale, chiamato a difendere - da solo - quella che Confindustria definisce la manovra di Cgil e Rifondazione.
Un unico fischio, molti brusii, ma nessun applauso. Il lungo discorso di Padoa Schioppa non ha solleticato orecchie e umori confindustriali: né poteva essere altrimenti, per uno che si presenta come un non-comunicatore ma punzecchia anche abilmente gli «ingenui» che cadono nelle trappole dei bravi imbonitori. Ben altrimenti era andata la mattinata, con la platea a spellarsi le mani per il supporter Angelino Alfano, astro nascente di Forza Italia che ha preparato il terreno a Tremonti tuonando frasi del tipo «vogliono combattere la povertà facendo la guerra alla ricchezza!». E poi il divo Giulio, da sempre di casa nei convegni confindustriali, che ha attaccato a tutto spiano governo e finanziaria con argomenti economici («bastava correggere i saldi, per tutto il resto lasciar fare all'economia») e fisiognomici («è la finanziaria del mago Otelma, nel quale vedo la fisionomia del presidente del consiglio»). Il cuore, la pancia della platea degli industriali stanno lì, con Tremonti: che si ferma a ogni frase, chiama gli applausi («è la liberalizzazione delle tasse»... «il trionfo di un ideale concentrazionario» ... «vi sembra equa una finanziaria che prevede detrazioni per le palestre e ticket al pronto soccorso?»), e ne riceve uno prolungato quando parla della «tassa di successione surrettizia» e della violazione delle promesse elettorali.
Ma se Tremonti ieri ha conquistato punti nella personale corsa all'interno del Polo, il suo intervento aveva il difetto di non poter concedere moneta sonante agli industriali: più che qualche foto con l'ex ministro - particolarmente gradita dalle giovani imprenditrici, in fila per la posa - gli ospiti capresi non potevano portare a casa. Col governo, al contrario, poteva ripartire la trattativa. E così è stato, hanno detto alla fine con un sospiro di sollievo i capi di Confindustria vecchia e giovane, trasudando soddisfazione per lo scampato pericolo di una Vicenza 2: dal punto di vista degli equilibri interni di Confindustria il giovane Colaninno è uscito vincitore e il giovanile Cordero ha rinsaldato lo scranno. Niente richiami alla piazza né spallate, da oggi si tratta.
Ma qual è l'oggetto della trattativa? Cosa vogliono vertice e base confindustriale, che hanno incassato 7,5 miliardi di riduzione del cuneo fiscale, pari - per ammissione dello stesso Cordero - a tre punti percentuali sul conto economico dell'impresa italiana media? Uniti sotto la bandiera del Tfr «scippato», ieri mattina gli imprenditori hanno ascoltato senza battere ciglio il banchiere Pietro Modiano (San Paolo-Imi) che ha spiegato che quel che le imprese perdono con il Tfr inoptato è grosso modo lo 0,5% del totale del credito che il sistema bancario dà loro. Robetta, insomma. «Vi finanziamo noi, purché non siate sull'orlo del crack», è stato il messaggio di Modiano. Tanto rumore per nulla? Il Tfr è alla fine solo una bandierina, da piantare sul campo di battaglia Confindustria-governo? Non proprio. Il fatto è che il caso Tfr spacca il mondo industriale, tra i grandi che hanno più facile accesso al credito e i piccoli che non ce l'hanno. Dunque, aver ottenuto una promessa di marcia indietro (dal governo e, per parte sua, anche dal segretario della Cgil Epifani) è stato per il vertice confindustriale anche un modo per tenere buona la base. Che però non guarda solo al Tfr, ma mal sopporta una manovra che vede troppo squilibrata sul versante fiscale. E dunque invoca: «Tagli, tagli, tagli». Non ai propri danni, ovviamente: applauditi i passaggi di qualsiasi intervento contro le assunzioni dei precari nella scuola e contro il contratto del pubblico impiego; applauditissimi quelli contro le tasse di registro sulle successioni (e si può capire, da una platea di giovani eredi di aziende); osannati in generale tutti i passaggi contro chi ha la tentazione o dà l'impressione di voler far pagare «i ricchi».
E mentre gli industriali si siedono soddisfatti al tavolo sul quale si riscrive
la Finanziaria - insieme ai comuni, e con le molteplici sponde dei partiti della coalizione di Prodi, mai citato a Capri se non nelle vesti del mago Otelma -, altri sostanziosi tavoli si preannunciano: a partire da quello con i sindacati, su contrattazione e flessibilità dell'orario, sul quale ieri ha insistito il federmeccanico Calearo condannando le resistenze della Cgil.

 

Il Manifesto – 8 ottobre 2006

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