Confindustria
va alla lotta
Al
convegno dei giovani imprenditori di Capri tutta la rabbia contro la
finanziaria. Già finita la luna di miele con Prodi. Oggi Padoa Schioppa prova a
difendersi, ma sono già pronti i fischi
Roberta
Carlini e Bruno Perini - Inviati a Capri
Sinistri scricchiolii. Oggi staremo a vedere come si fronteggeranno il
ministro Padoa Schioppa e il presidente della Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo
su legge finanziaria e Tfr, cuneo fiscale e spesa pubblica. Le previsioni dei
book-maker sul possibile duello caprese sono grigie tendenti al nero ma già
ieri tra governo e Confindustria si sentivano scricchiolii davvero sinistri sui
temi principali di politica economica. Tanto che nei corridoi del convegno di
Capri qualcuno ieri agitava lo spettro del convegno di Vicenza dove la platea
confindustriale osannò l'ex presidente del consiglio, Silvio Berlusconi in
polemica con il centro sinistra.
I punti della finanziaria
che fanno imbestialire gli imprenditori, e che potrebbero spingerli a rompere
la sottile liason con il centrosinistra, sono il prelievo fiscale previsto dal
governo Prodi attraverso la finanziaria e la battaglia del Tfr.
Basta leggere Il Sole 24 ore
delle settimane passate per capire quanto siano spinose quelle due questioni.
Si dice che il capo degli imprenditori non voglia andare a uno scontro frontale
con l'esecutivo, preferendo alla rottura una linea negoziale, ma gli umori
della «Vandea» confindustriale, alimentata dagli ultrà del nord e dagli
irriducibili di Forza Italia, spinge per una resa dei conti nella speranza di
arrivare rapidamente a una crisi anticipata dell'esperienza di centrosinistra.
A sollevare i due punti di
un possibile scontro è stato proprio il presidente dei giovani industriali. «Il
trasferimento anticipato del Tfr all'Inps - ha detto Matteo Colaninno nella sua
relazione - mette in difficoltà un gran numero di piccole imprese, che saranno
private di un flusso di risorse decisivo per l'autofinanziamento e rischiano di
non poterlo sostituire con il credito bancario o - nell'ipotesi migliore - di
pagare pesanti oneri finanziari in conto economico. L'Italia non ha bisogno di
nuove tasse ma di liberare energie private, di creare un ambiente più
favorevole all'impresa e al profitto».
Il presidente dei giovani
industriali «ringrazia» il governo per il cuneo fiscale e gli riconosce di aver
ristabilito nella finanziaria un livello accettabile del disavanzo. Ma ormai la
riduzione del costo del lavoro per gli imprenditori fa già parte del passato.
Alla Confindustria non basta più. Gli imprenditori sono più che infastiditi dal
fatto che «uno dell'establishment», come Pierferdinando Casini ha definito
Tommaso Padoa Schioppa, abbia accettato una redistribuzione del reddito a
favore dei ceti più bassi. Che il governo Prodi sia ostaggio delle ali estreme
della compagine governativa è un luogo comune che viene alimentato a Capri
proprio dall'ex presidente della camera, Pierferdinando Casini. Che ha citato
il famoso manifesto di Rifondazione «Anche i ricchi piangano» per
stigmatizzarlo ma anche per accusare il ministro dell'economia di essere stato
contagiato dalla stessa pretesa «ottocentesca», «lunare»: la pretesa «di fare
la redistribuzione del reddito per via legislativa». Da questa infamante accusa
dovrà oggi difendersi Padoa Schioppa - che forse dovrà anche spiegare se c'è
un'altra strada per fare politiche di redistribuzione.
Ma è sulle tasse, come
sempre, che la platea industriale si riscalda fino ad infiammarsi. Applausi per
Casini quando accusa la finanziaria di aver reintrodotto sotto mentite spoglie
la tassa di successione (sotto forma di imposte di registro sugli atti
notarili), applausi per il professor Giavazzi quando riscrive la finanziaria
dimezzandola: visto l'andamento del disavanzo tendenziale, ha detto
l'editorialista del Corriere, bastava fare una manovra di 15 miliardi e ridurre
il cuneo fiscale senza bisogno di aumentare le tasse. L'economista della
Bocconi, invece, si è allineato alla linea della Confindustria quando ha
toccato il tema del Tfr. «Il trattamento di fine rapporto - ha detto Giavazzi -
non è né dello Stato né delle imprese ma dei lavoratori. Resta però il fatto
che con il trasferimento anticipato del Tfr all'Inps si decreta di fatto la
botta finale alla previdenza integrativa». Su questo punto l'economista ha
strappato l'applauso più convinto della platea confindustriale che ha replicato
il suo consenso alla battuta più velenosa, quella di Alemanno: «Il
trasferimento del Tfr all'Inps? E' uno scippo». E' probabile che oggi tutto
questo «materiale esplosivo» diventi oggetto della seconda giornata del
convegno di Capri e divampi in una rottura; complice la verve di Giulio Tremonti
che già ieri si aggirava tra i convegnisti come un pesce nella sua acqua. E'
possibile che l'autorevolezza del ministro Padoa Schioppa intimidisca i giovani
industriali e impedisca loro di coprire il ministro di fischi ma il presidente
di Confindustria non potrà fare a meno di lanciare un segnale di guerra al
governo, malgrado la mobilità lunga concessa dall'esecutivo alle grandi imprese
e dunque alla Fiat.
Il Manifesto – 7 ottobre 2006