84.000 a
rischio
Sciopero generale
il 3 ottobre
Otto
ore di sciopero per «l'integrità del gruppo», corteo fino a piazza Affari
Francesco
Piccioni
Toh, in Telecom
ci sono pure i lavoratori! Per ricordare al governo e a piazza Affari che
esistono e sono parecchio interessati a come evolveranno le cose nel gruppo,
ieri i sindacati hanno indetto otto ore di sciopero per il 3 ottobre, con
corteo a Milano che arriverà - quando si dice il caso - proprio davanti alla
sede della Borsa.
La critica più forte che i sindacati avanzano contro il
progetto di riorganizzazione annunciato da Tronchetti Provera e sostanzialmente
confermato dal nuovo presidente, Guido Rossi (scorporo della rete fissa,
vendita di Tim, trasformazione in una media company) è che si tratta di un'«operazione
finanziaria», in «assenza di un piano industriale». Una operazione, oltretutto,
ad opera dei soliti gruppi «che periodicamente decidono di fare finanza alle
spalle della produzione, dei lavoratori, degli interessi del paese».
Sul piano degli obiettivi, la mobilitazione degli 84.000
dipendenti punta a «riconfermare l'integrità del gruppo (fisso, mobile,
internet, media, ricerca, informatica), e a rafforzare le regole di
funzionamento del settore». Il problema è come raggiungerli in una situazione drasticamente
mutata, per quanto riguarda il settore delle tlc.
Salvare la rete fissa, il business del futuro con l'avvento
della banda larga e delle infinite possibilità che offre, sarebbe anche
relativamente facile. Certo, oggi come oggi vi lavorano al massimo 15.000
addetti. E richiederebbe una forma di «ripubblicizzazione» che per un verso è
un onere per lo stato (quasi una beffa, a dieci anni dalla privatizzazione), ma
per un altro costituirebbe il perno su cui costruire la completa
liberalizzazione del settore. La rete fissa in mano pubbliche, infatti,
metterebbe sul piano di effettiva parità tutti i gestori di telefonia che
volessero usare la rete, pagando un canone di affitto.
Ma come si fa, a questo punto, a mantenere «l'integrità del
gruppo»? La convergenza fisso-mobile non sarebbe più possibile, a meno di
estenderla a tutti i concorrenti (Vodafone, Wind, 3, ecc). E quindi come si fa
a mantenere Tim in «mani italiane»?
Anche in Tim, in definitiva, lavorano solo 10.000 persone. La
maggior parte dei dipendenti Telecom, in questo «scorporo», 50.000 lavoratori,
resta «senza casa» (commerciale, direzione generale, media, ecc). Al tempo -
due anni fa! - della riunificazione tra Telecom e Tim, infatti, molti degli
addetti alla rete fissa sono stati trasferiti al «commerciale». Quel piano
industriale scommetteva sulla convergenza fisso-mobile e quindi servivano
quadri tecnici pronti a rispondere a due soli input: gli allarmi verificati
sulla rete, oppure le richieste dell'utenza (guasti e nuovi allacci). Lo
scorporo lascerebbe un gestore disinteressato a questo tipo di servizio, oppure
a una versione molto più limitata di esso (oggi Telecom fa ancora da gestore
effettivo sull'«ultimo miglio» anche per i concorrenti virtuali). E si sta
parlando di lavoratori di età media avanzata ma lontani dal pensionamento.
Il
Manifesto – 20 settembre 2006