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[ Dicono di noi > Lettera inviata dalla FITA, presieduta da A. Tripi, al Governo, mercoledì 13 set 2006 ]

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Proposta rsu per Almaviva Green

Lettera inviata dalla FITA (organizzazione imprenditoriale presieduta da A. Tripi) al Governo:


Roma, 13 settembre 2006

 

Alla cortese attenzione

Onorevole Cesare Damiano Ministro del Lavoro e Previdenza sociale

Onorevole Pierluigi Bersani Ministro per lo Sviluppo economico

Onorevole Luigi Nicolais Ministro per le Riforme e innovazione nella Pubblica Amministrazione

Onorevole Linda Lanzillotta Ministro per gli Affari Regionali e Autonomie Locali

Onorevole Tommaso Padoa-Schioppa Ministro dell’Economia e Finanze

Onorevole Paolo Ferrero Ministro della Solidarietà sociale

Onorevole Enrico Letta Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio

 

Egregi Ministri,

Egregio Sottosegretario di Stato,

il dibattito in corso sul tema della regolamentazione dei contratti di collaborazione a progetto – che sembra apparentemente riguardare solo i call center in Italia – comporta delle derive estremamente allarmati per le imprese di tutto il settore dei Servizi innovativi, ove è ampio il ricorso all’istituto delle collaborazioni a progetto.

Infatti, se al comparto dei call center si stima facciano capo circa 250.000 addetti, alcuni principi del contratto di collaborazione a progetto per questa area sono chiaramente estendibili a tutto il settore dei Servizi innovativi (e non solo), dove è forte la necessità delle imprese di organizzare le proprie attività in modo flessibile ed è determinante adattarle alle mutevoli esigenze del mercato e dell’utenza.

I settori delle imprese di informatica, consulenza manageriale, pubblicità & promozione, marketing, call center, sondaggi di opinione, relazioni pubbliche, engineering e così via, rappresentati da FITA, sono riconosciuti vitali in tutte le economie mature e sono il motore per lo sviluppo competitivo del Sistema Paese. In questi ultimi anni il settore dei Servizi innovativi ha trainato e sta trainando la crescita dell’occupazione in Italia e oggi, con circa 700.000 imprese e un fatturato complessivo che si aggira attorno ai 170 miliardi di euro, impiega più di 2,2 milioni di addetti di cui il 45,5% inquadrati come collaboratori indipendenti; servizi che generano tassi di incremento occupazionale sensibilmente superiori a quelli di molti altri comparti. Un settore che risponde a nuovi modelli di economia post-industriale e che non può essere regolato applicando vecchi schemi di gestione delle risorse umane tipici dell’economia fordista; solo per fare un esempio, quando in passato si sono obbligate alcune aziende manifatturiere ad assumere a tempo indeterminato i lavoratori stagionali il risultato è stato catastrofico: per l’impresa e per gli stessi lavoratori.

Ma non solo: il ricorso a contratti di co.co.pro. si estende anche ad altri settori dei Servizi quali il Turismo e le Fiere, i Beni culturali, i Servizi di pubblica utilità e, inoltre, è ampiamente diffuso anche nelle Amministrazioni Pubbliche, sia centrali che locali, e non solo nel sistema imprenditoriale privato: la flessibilità è oggi un obbligo in molti comparti ed è pretestuoso descriverla come una “scappatoia”.

Più in generale, già nel 2003 l’INPS contava nel Fondo Gestione separato ben 1.578.411 collaboratori iscritti.

È a fronte di tutto questo che destano in noi grande preoccupazione le posizioni rigide assunte da alcuni esponenti della politica e delle forze sociali, che chiedono di cancellare tutto quanto di buono è stato introdotto prima con il pacchetto Treu e poi con la Legge 30/2004 (c.d. Legge Biagi), rischiando di paralizzare un processo di necessaria evoluzione della norma che tutti auspichiamo e sottovalutando gli enormi danni alle imprese del settore e alle stesse pubbliche amministrazioni che una sua drastica abolizione oggettivamente comporterebbe.

Un danno che può diventare irreparabile per la competitività del nostro sistema Paese, inteso come imprese private e servizi pubblici, e che inevitabilmente si ripercuoterebbe in una immediata contrazione della stessa forza lavoro impiegata sul nostro territorio in queste tipologie di servizi.

Infatti, interventi legislativi o regolamentari di irrigidimento come quelli che alcuni adombrano portano all’indesiderata equazione “diminuzione di flessibilità = calo della competitività del sistema economico = diminuzione di occupazione”. In un’economia globale come l’attuale, questo spingerebbe le imprese private a delocalizzare le loro attività all’estero che, per la tipologia “software” del loro operare, potrebbe avvenire con modalità estremamente più semplici e rapide rispetto ad organizzazioni con caratteristiche più “hardware”. La realtà di oggi, per chi ne prende atto sui mercati, è che l’occupazione cresce dove è flessibile, mentre la rigidità rischia di creare disoccupazione realmente a tempo indeterminato.

È quindi urgente un immediato intervento del Governo per fare chiarezza, garantire crescita al settore, ristabilire equilibrio e condizioni d’operatività alle imprese, oltre che tornare a dare tranquillità a quei collaboratori che in questi anni hanno iniziato a trovare soluzioni che spesso rispondono anche alle loro più personali esigenze.

Infatti, generalizzare alcuni casi individuali, probabilmente estremi, come se fossero rappresentativi del “sistema” non aiuta la ricerca di corrette soluzioni alle questioni aperte.

Così come è preoccupante assistere a interpretazioni che sembrano disattendere gli indirizzi contenuti nella stessa Circolare n. 17 emanata dal Ministro Damiano il 14 giugno 2006; un approccio che rischia di aprire una serie infinita di microconflittualità, complesse da gestire per la singola impresa e che possono ulteriormente alterare la ricerca di una auspicata ed equa soluzione più generale.

Siamo concretamente disponibili, anche all’interno del quadro più ampio di Confindustria, a cooperare fattivamente nella ricerca di soluzioni che consentano di contemperare flessibilità e adeguate forme di gestione della forza lavoro, peraltro risorsa fondamentale in un settore insieme knowledge intensive e labor intensive. Riteniamo quindi che sia indispensabile poter arrivare in tempi rapidi a:

- una politica del lavoro che prenda in considerazione le nuove formule contrattuali (contratto nazionale dei servizi) che la flessibilità del lavoro oggi richiede;

- introdurre regolamenti chiari per applicare correttamente gli istituti previsti nella Legge 30/2004 per flessibilizzare il rapporto di lavoro, anche emendandone alcuni, ma dando sostanza in particolare a quelli delle collaborazioni a progetto;

- introdurre nella Legge 30/2004 quegli strumenti che coniughino il riconoscimento di adeguati strumenti di tutela dei diritti delle risorse umane (ammortizzatori sociali) con le necessità di flessibilità aziendale.

Infatti, quello che sino ad oggi è mancato sono degli adeguati e chiari strumenti contrattuali per gestire la “buona flessibilità” necessaria alle imprese – in particolare a quelle dei Servizi – al Sistema economico e al Sistema Sociale oltre che , è giusto ripeterlo ancora una volta, per una doverosa migliore tranquillità dei collaboratori con contratto a progetto.

Il Consiglio direttivo di FITA auspica quindi che nell’immediato:

- sia portato avanti il percorso correttamente delineato dalla Circolare n. 17 del 14/06/2006 del Ministro Damiano;

- sia espressamente esclusa qualunque forma di retroattività contributiva relativa a collaborazioni lavorative pregresse e contrattualizzate in applicazione della Legge Biagi o della Legge Treu;

- si riapra un percorso di rinnovamento culturale nella gestione delle risorse umane adeguato ai cambiamenti in corso nel sistema economico e sociale del nostro Paese e dei Paesi a economia avanzata con cui l’Italia deve competere ogni giorno.

RingraziandoVi anticipatamente per l’attenzione che dedicherete a questa importante e delicata questione di interesse per il nostro Paese, le imprese, le pubbliche amministrazioni e gli stessi nostri collaboratori.

 

Il Vice Presidente Vicario Luisa Silvestri Bandini

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