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[ Dicono di noi > Un corteo per la stabilizzazione - Il manifesto, domenica 10 set 2006 ]

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Proposta rsu per Almaviva Green

Un corteo per la stabilizzazione
Assemblea nazionale dei lavoratori dei call center: prende corpo una piattaforma unitaria
Francesco Piccioni - Roma

 

Prove generali di movimento. I lavoratori dei call center stanno cominciando a percorrere la strada che porta dalla vertenza sul singolo posto di lavoro - paradigmatica, in proposito, quella che in atto da anni all'interno di Atesia, il più grande «stabilimento» del settore - alla costituzione di una soggettività sindacale in grado di porre il problema in termini contrattuali generali.
L'assemblea convocata ieri mattina, in un salone dell'Iiss di viale della Primavera, a Roma, dall'Assemblea coordinata e continuativa contro la precarietà ha visto convergere lavoratori un po' da tutta Italia (Roma, naturalmente, ma anche Ancona, Bologna, Bari, Milano, Messina, Bari, ecc). Anche le tante sigle diverse (dai Cobas allo Snater, dalla Cub all'Usi-Ait), stavano lì a dimostrare che il percorso «unitario» comincia ad assumere una forma e una piattaforma chiara: stabilizzazione dei rapporti di lavoro con la trasformazione degli «atipici» in contrattti a tempo indeterminato; inquadramenti adeguati alla professionalità acquisita e all'anzianità; blocco dei processi di esternalizzazione e di precarizzazione (specie dei servizi di pubblica utilità); reintegro di tutti i licenziati (attraverso i mancati rinnovi e/o le interruzioni dei rapporti di lavoro per rappresaglia contro le lotte).
L'iniziativa si concretizza in un corteo a Roma venerdì 29 settembre (durante il quale è previsto anche uno spettacolo teatrale dell'attore Ascanio Celestini) e uno sciopero nazionale dei lavoratori dei call center entro novembre. La data di fine settembre è in coincidenza con lo scadere dei contratti - tutti a tempo determinato, of course - di alcune imprese «in vista» nel settore: Atesia, Telegate, Unicab, Festa Unipersonale, ecc. L'obiettivo centrale della piattaforma è naturalmente quello della «stabilizzazione», ovvero la trasformazione di tutti i contratti precari (a progetto, somministrazione, tempo determinato, apprendistato, inserimento, ecc) in contratti a tempo indeterminato e full time.
Quello dei call center è uno dei settori di «nuova occupazione» in forme contrattuali ottocentesche, ma che ha conosciuto un grande sviluppo a ridosso dell'approvazione del «pacchetto Treu» - all'epoca del preceddente governo Prodi - e un'autentica esplosione con l'approvazione della «legge 30». La svolta è arrivata nelle scorse settimane, quando un rapporto dell'ispettorato del lavoro sulla situazione interna ad Atesia poneva fine ad ogni tentativo di qualificare il lavoro in un call center come un lavoro «autonomo», definendolo a tutti gli effetti «lavoro dipendente», che va perciò inquadrato contrattualmente come tale. La società del gruppo Almaviva (Alberto Tripi) dovrà assumere 3.200 lavoratori e regolarizzare i contributi pregressi per circa altri 8-10 mila.
In precedenza, però, una circolare dello stesso ministro del lavoro, Cesare Damiano, provava ancora a distinguere tra le telefonte in bound - in risposta - e quelle in out bound (le classiche chiamate di promozione, sondaggio o vendita), cercando di inquadrare le prime come certamente tipiche del «lavoro dipendente» e le seconde in una terra di mezzo che lascerebbe spazio alle pratiche contrattuali da «lavoro autonomo». Ancora più arretrata sembra essere la concezione vigente in alcuni sindacati di categoria, che hanno firmato - tipico ancora una volta quanto avvenuto di recente in Atesia - accordi addirittura peggiorativi della stessa «legge 30».
Tra le tante storie di ordinario sfruttamento spiccano alcune situazioni limite, addiritura paradossali. Quella del Contact-Center Inps Inail di Bari, per esempio, dove «guadagnamo 5 euro l'ora lavorativa e alla fine del mese racimoliamo 650 euro di stipendio, senza garanzie per malattie, maternità, ferie. Il paradosso è che lavoriamo per lo stesso ente pubblico, Inps Inail, che dovrebbe fare i controlli sul rispetto delle condizioni di lavoro e che da noi non si sono mai visti». Situazione simile per il servizio 060606 del Comune di Roma, che fa da interfaccia a numerose categorie di utenti «deboli» - come i lavoratori immigrati, per esempio - dispensando informazioni su diritti, opportunità, servizi legali, assistenza, ecc. Molto utile e democratico. Peccato che a rispondare siano lavoratori in «somministrazione», all'interno di un appalto vinto dalle Poste ma immediatamente «girato» a una società che si serve di un'agenzia di lavoro interinale.

 

Il Manifesto – 10 settembre 2006

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