Un corteo
per la stabilizzazione
Assemblea
nazionale dei lavoratori dei call center: prende corpo una piattaforma unitaria
Francesco
Piccioni - Roma
Prove
generali di movimento. I lavoratori dei call center stanno cominciando a
percorrere la strada che porta dalla vertenza sul singolo posto di lavoro -
paradigmatica, in proposito, quella che in atto da anni all'interno di Atesia,
il più grande «stabilimento» del settore - alla costituzione di una
soggettività sindacale in grado di porre il problema in termini contrattuali
generali.
L'assemblea convocata ieri mattina, in un salone dell'Iiss
di viale della Primavera, a Roma, dall'Assemblea coordinata e continuativa
contro la precarietà ha visto convergere lavoratori un po' da tutta Italia
(Roma, naturalmente, ma anche Ancona, Bologna, Bari, Milano, Messina, Bari,
ecc). Anche le tante sigle diverse (dai Cobas allo Snater, dalla Cub all'Usi-Ait),
stavano lì a dimostrare che il percorso «unitario» comincia ad assumere una
forma e una piattaforma chiara: stabilizzazione dei rapporti di lavoro con la
trasformazione degli «atipici» in contrattti a tempo indeterminato;
inquadramenti adeguati alla professionalità acquisita e all'anzianità; blocco
dei processi di esternalizzazione e di precarizzazione (specie dei servizi di
pubblica utilità); reintegro di tutti i licenziati (attraverso i mancati
rinnovi e/o le interruzioni dei rapporti di lavoro per rappresaglia contro le
lotte).
L'iniziativa si concretizza in un corteo a Roma venerdì 29
settembre (durante il quale è previsto anche uno spettacolo teatrale
dell'attore Ascanio Celestini) e uno sciopero nazionale dei lavoratori dei call
center entro novembre. La data di fine settembre è in coincidenza con lo
scadere dei contratti - tutti a tempo determinato, of
course - di alcune imprese «in vista» nel settore: Atesia, Telegate, Unicab,
Festa Unipersonale, ecc. L'obiettivo centrale della piattaforma è naturalmente
quello della «stabilizzazione», ovvero la trasformazione di tutti i contratti
precari (a progetto, somministrazione, tempo determinato, apprendistato,
inserimento, ecc) in contratti a tempo indeterminato e full time.
Quello dei call center è uno dei settori di «nuova
occupazione» in forme contrattuali ottocentesche, ma che ha conosciuto un
grande sviluppo a ridosso dell'approvazione del «pacchetto Treu» - all'epoca
del preceddente governo Prodi - e un'autentica esplosione con l'approvazione
della «legge 30». La svolta è arrivata nelle scorse settimane, quando un
rapporto dell'ispettorato del lavoro sulla situazione interna ad Atesia poneva
fine ad ogni tentativo di qualificare il lavoro in un call center come un
lavoro «autonomo», definendolo a tutti gli effetti «lavoro dipendente», che va
perciò inquadrato contrattualmente come tale. La società del gruppo Almaviva
(Alberto Tripi) dovrà assumere 3.200 lavoratori e regolarizzare i contributi
pregressi per circa altri 8-10 mila.
In precedenza, però, una circolare dello stesso ministro del
lavoro, Cesare Damiano, provava ancora a distinguere tra le telefonte in bound - in risposta - e quelle in out bound
(le classiche chiamate di promozione, sondaggio o vendita), cercando di
inquadrare le prime come certamente tipiche del «lavoro dipendente» e le
seconde in una terra di mezzo che lascerebbe spazio alle pratiche contrattuali
da «lavoro autonomo». Ancora più arretrata sembra essere la concezione vigente
in alcuni sindacati di categoria, che hanno firmato - tipico ancora una volta
quanto avvenuto di recente in Atesia - accordi addirittura peggiorativi della
stessa «legge 30».
Tra le tante storie di ordinario sfruttamento spiccano
alcune situazioni limite, addiritura paradossali. Quella del Contact-Center Inps
Inail di Bari, per esempio, dove «guadagnamo 5 euro l'ora lavorativa e alla
fine del mese racimoliamo 650 euro di stipendio, senza garanzie per malattie,
maternità, ferie. Il paradosso è che lavoriamo per lo stesso ente pubblico, Inps
Inail, che dovrebbe fare i controlli sul rispetto delle condizioni di lavoro e
che da noi non si sono mai visti». Situazione simile per il servizio 060606 del
Comune di Roma, che fa da interfaccia a numerose categorie di utenti «deboli» -
come i lavoratori immigrati, per esempio - dispensando informazioni su diritti,
opportunità, servizi legali, assistenza, ecc. Molto utile e democratico. Peccato
che a rispondare siano lavoratori in «somministrazione», all'interno di un
appalto vinto dalle Poste ma immediatamente «girato» a una società che si serve
di un'agenzia di lavoro interinale.
Il
Manifesto – 10 settembre 2006