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Corriere della Sera                                                                           24 agosto 2006

 

 

Dopo l’indagine sulla situazione all’interno del gruppo Atesia. Tripi: per sopravvivere serviranno decisioni drastiche

 

Mossa di Damiano sui call center, nuove ispezioni. Cgil: assumere tutti. Le aziende: andremo all’estero 

 

RIMINI  - Scoppia il caso dei call center. Il ministro del Lavoro Cesare Damiano, per la prima volta al Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, annuncia che dal 15 settembre ci sarà un «supplemento di indagine», riservandosi comunque «di esaminare i documenti ». Due giorni fa gli ispettori del lavoro inviati a controllare la situazione nel più grande gruppo italiano del settore, la Atesia con 12 mila dipendenti, hanno inviato alla società un verbale intimando l’assunzione anche di tutti i 3.000 dipendenti a progetto (i co.co.pro) oltre la regolarizzazione di tutti i dipendenti con retroattività dal 2001. E’ una interpretazione molto più restrittiva rispetto a quanto stabilito dall’accordo del 14 giugno firmato tra le imprese e lo stesso ministero del Lavoro. In quell’intesa si faceva differenza tra i lavoratori che ricevono telefonate (in-bound e quindi da assumere) e quelli che fanno telefonate e ricerche (out-bound e quindi a progetto). Il ministro, in ogni caso, precisa che al più presto tutto il settore dei call center — diverse centinaia di aziende con circa 250 mila lavoratori (di cui 80 mila, secondo l’associazione di categoria, potrebbero ora essere a rischio)— dovrà essere regolarizzato. E ieri ha ribadito la differenza sostanziale tra chi telefona e chi riceve le telefonate. Dunque, ora si tratterà di verificare il lavoro degli ispettori sul gruppo Atesia. «Mi sono accorto che nel mio ministero c’erano 15 addetti al call center gestito dalle Poste — ha raccontato — e ho invitato l’azienda ad assumerli ». Al dibattito su «libertà nelle liberalizzazioni, il lavoro atipico», si è parlato di flessibilità e di "parasubordinato". E su questi punti il ministro — al quale piace la «flessibilità buona» — ha intanto anticipato incassando forti applausi dalla platea ciellina che nella Finanziaria arriveranno contributi più salati per i parasubordinati che, insieme al cuneo fiscale solo per i dipendenti, dovrebbero rallentare la corsa del precariato in genere. Ma la grana dei call center ha messo in luce quanto sia difficile mettere le mani in un mondo del lavoro cresciuto enormemente e ora dal futuro incerto. Alberto Tripi, responsabile del terziario per Confindustria nonché titolare di Atesia ha precisato che l’accordo del 14 giugno gli sarebbe costato dai 20 ai 30 milioni di euro ma il verbale degli ispettori — contro il quale ricorrerà al Tar — se passa «costringerà il mio gruppo a prendere decisioni drastiche». Cioè chiudere in Italia e trasferire l’attività in altri Paesi «dove si parla italiano ». Il modello dei call center, un fenomeno sparso ormai in tutto il Paese con una forte concentrazione al Sud dove è più facile trovare manodopera istruita, è così entrato ufficialmente in crisi. Ed è oggetto di forte contrapposizione politica. Il sottosegretario al Lavoro Rosa Rinaldi ha già fatto sapere che è «irrispettoso criticare il lavoro degli ispettori perché un conto è la circolare del ministro, altro i risultati di un sopralluogo sul posto». Daniele Capezzone, Rosa nel pugno e presidente della Commissione attività produttive della Camera, ha confermato la sua anima liberista accusando l’ispettorato di Roma di «aver agito in modo ideologico nei confronti di Atesia» e preannunciato un’interrogazione al ministro Damiano. Anche il sindacato è diviso. La Fiom di Giorgio Cremaschi si schiera con gli ispettori definendo una «truffa i contratti da lavoro autonomo per i call center» mentre per il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni — anche lui al Meeting — «non saranno gli ispettori a decidere tutto, occorre un supplemento di accordo». Altri sindacati incalzano e il Nidil Cgil, quello degli atipici, chiede un confronto sull'intero settore. Damiano, per il momento, si è limitato a illustrare la griglia dei suoi prossimi impegni: il 30 agosto primo confronto con le parti sociali per contrastare il lavoro nero, poi modifica della legge Biagi, di quella sugli appalti e del lavoro interinale, reintroduzione del credito di imposta.

Roberto Bagnoli

 

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