il manifesto
23 Agosto 2006
«Atesia,
vanno assunti tutti»
Le conclusioni
dell'Ispettorato sui 3200 cocoprò del call center romano. Rimborsare i
contributi fino al 2001. L'azienda: faremo ricorso. Il ministero: «L'ispezione
è valida»
Antonio Sciotto
Storica sentenza nel campo
dei call center e del precariato: l'Ispettorato del lavoro, dopo gli
accertamenti svolti nei mesi scorsi, ha ingiunto ad Atesia - call center del
gruppo Cos - di assumere a tempo indeterminato tutti gli attuali 3200
lavoratori a progetto. E non basta: la società dovrà anche versare i contributi
arretrati a circa 8-10 mila lavoratori transitati sulle sue postazioni negli
anni passati, a partire dal 2001. In pratica, si riconosce agli operatori del call
center (attuali e passati) lo status di lavoratori subordinati, pur essendo contrattualizzati
come cocoprò (e, prima della legge 30, come cococò). Il gruppo Cos, dal canto
suo, definisce «sconcertanti e contraddittorie» le disposizioni
dell'Ispettorato, e annuncia ricorso. «Contraddittorie - spiega - perché in
antitesi con la linea adottata dal ministero del Lavoro: non considerano
infatti la distinzione contenuta nella Circolare del 14 giugno scorso tra
attività inbound e attività outbound, oltre a non rispettare il
principio della gradualità della sua applicazione insito nella previsione di un
periodo di informativa alle aziende».
Il gruppo Cos è il vero big del settore di call center in
Italia: conta circa 15 mila lavoratori, registra un fatturato annuo di 250
milioni di euro, tra partecipazioni e controllo diretto ha in mano i call
center dei principali gruppi aziendali italiani, senza contare numerosi appalti
dalla pubblica amministrazione. Il call center romano Atesia lavora
principalmente per la compagnia Telecom e per la Tim, ma le cuffiette della
Cos, in tutta Italia, servono big privati e pubblici come Alitalia, Wind, Barilla,
Sky, l'Istat, l'Inpdap, varie province, regioni e ministeri. Il gruppo si
difende affermando che ha già assunto «oltre 4 mila dipendenti negli ultimi
anni e che si apprestava ad assumerne altri 3 mila. Con tali cifre - continua -
la Cos avrebbe avuto di gran lunga il più alto numero di lavoratori subordinati
di tutto il settore: chiediamo al ministero del Lavoro di garantire uguali
condizioni a tutti i soggetti che operano in questo mercato a partire dalle
istituzioni stesse, dalle amministrazioni e dalle aziende pubbliche che per
prime hanno offerto e utilizzato il lavoro a progetto. Se si ritiene che la
forma corretta di lavoro per tutti gli operatori impegnati nei call center sia
quella del lavoro a tempo indeterminato, allora è necessario che questo
principio sia applicato ovunque, e noi ci adegueremo».
Interessante, a questo punto, è il fronte che si apre con il
ministero del Lavoro: Cos, infatti, respingendo le conclusioni dell'ispettorato
e annunciando ricorso, chiama in causa proprio la circolare emessa il 14 giugno
dal ministro Cesare Damiano, che distingue tra lavoro inbound (di ricezione, dunque subordinato perché legato
passivamente alle telefonate in arrivo) e outbound (chiamate in uscita, fatte
per proporre un servizio, e dunque, a parere del ministero, configurabili nel
lavoro a progetto perché il lavoratore potrebbe gestirsi autonomamente i
tempi).
Una prima risposta del ministero arriva dal sottosegretario
al Lavoro Rosa Rinaldi: «Il lavoro dell'Ispettorato è fatto in piena autonomia
e applica le regole in vigore, dunque non è assolutamente contrattabile -
spiega - D'altra parte, la circolare non agisce sul pregresso: l'ispettorato si
è mosso su richiesta dei lavoratori ed evidentemente ha rilevato delle
irregolarità. Noi avevamo tentato un tavolo, ma l'azienda ha preferito
attendere le conclusioni delle ispezioni. Per quanto ci riguarda, prendiamo
atto dei risultati dell'ispezione e anzi ci convinciamo di aver agito nella
giusta direzione quando abbiamo emesso la circolare, che non parla di un call
center in particolare ed è fatta per formare i nostri ispettori e dare un
indirizzo alle aziende. A questo proposito - conclude il sottosegretario Rinaldi
- dal 15 settembre partirà il lavoro di informazione, che a fine anno sarà
seguito dalle vere e proprie ispezioni».
I lavoratori accolgono con soddisfazione le conclusioni:
«E' ovviamente una bella notizia», commenta Pompeo Scopino, delegato Cgil. E
ricordano che l'outbound svolto in Atesia non ha per nulla carattere di
proposta commerciale, nella tipologia descritta dalla circolare ministeriale,
ma è ad esempio quello di Istat o Unioncamere per ricerche e indagini: dunque è
certamente configurabile come lavoro subordinato.