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[ Dicono di noi > Atesia, quando la precarietà diventa merce di scambio - Liberazione, giovedì 01 giu 2006 ]

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Atesia, quando la precarietà diventa merce di scambio

di Emanuele Bonaccorsi

su Liberazione del 01/06/2006

Ad un primo sguardo sembra solo una vertenza sindacale, che oppone i precari a un’azienda che mira a risparmiare dal costo del lavoro. In realtà dietro la vicenda Atesia si nasconde una contesa più ampia: la spartizione di una ricca torta di commesse pubbliche riguardanti l’e-government, i sistemi informatici e di comunicazione della pubblica amministrazione. In questo gioco non si vince solo sul mercato, ma anche intrecciando rapporti con politici e amministratori pubblici. In mezzo, naturalmente, i lavoratori, le loro condizioni di lavoro, la precarietà.

Oggi i precari dell’Atesia incroceranno nuovamente le braccia. I lavoratori protestano contro l’applicazione unilaterale dell’accordo dello scorso 11 Aprile (firmato e poi sconfessato dai sindacati) e contro 400 licenziamenti, che colpiranno non solo i giovani attivisti del collettivo, ma anche precari ormai “stabili”, che lavoravano nell’azienda da molti anni. Ma non è possibile comprendere la vicenda dell’Atesia, divenuta ormai un simbolo della precarietà, senza parlare del suo proprietario Alberto Tripi, padrone del gruppo Almaviva, holding che racchiude la Cos (decine di call-center in tutto il paese) e Finsiel, ex monopolista pubblico del settore dell’Information Technology.

Alberto Tripi è un selfmademan, un uomo che si è fatto da solo. Ex manager Ibm, è tra i primi ad investire nei call-center che si diffondono in tutto il paese a partire dagli anni ’90, dove proliferano i contratti parasubordinati. Nel 2004 l’imprenditore romano acquisisce dalla Telecom la Finsiel, ed entra nel mercato delle commesse pubbliche dell’e-government. Vince contratti miliardari: i sistemi informatici di Ferrovie dello Stato, la ricca commessa per la Carta Nazionale dei Servizi (50 milioni di euro), la gestione dei sistemi informativi del Tesoro per il bilancio dello Stato e quella del milione e mezzo di dipendenti di 30 amministrazioni centrali (18 milioni di euro) e poi un contratto di ricerca col Cnr, a cui si aggiungono agli appalti vinti dai centri telefonici (call-center Alitalia, Fiat, Sky, Wind, Telecom) e la nuovissima acquisizione di Actalis, azienda leader nel settore delle certificazioni digitali.

Gare che l’imprenditore romano riesce a vincere anche grazie ad un accorto processo di lobbyng e ai suoi stretti contatti politici. I rapporti col vecchio governo, in particolare con l’ex ministro dell’innovazione Stanca, sono più che cordiali: Tripi e Stanca sono due ex-Ibm. Nel consiglio d’amministrazione di Finsiel, inoltre, il “re dei call-center”, mette figure di primo piano: Andrea Monorchio, ex ragioniere generale dello Stato (che già conosce Finsiel per averle assegnato la commessa del sistema informatico del proprio ufficio); Sandro Bicocchi, ex direttore generale della Compagnia delle Opere; Alessandro Ovi, ex Iri; e l’ingegnere Paolo Vigevano, ex consigliere politico del ministro Stanca. Ma le “affinità” politiche di Tripi sono rivolte a sinistra: l’imprenditore è molto vicino a Prodi (nel ’96 fu proprio lui ad ospitare l’Ulivo nell’attuale sede dell’Unione di Piazza Ss. Apostoli) e in particolare nutre una simpatia verso l’onorevole Linda Lanzillotta, Ministro degli affari regionali, della Margherita. Tripi è anche un pezzo grosso di Confindustria, dove somma la presidenza della Federcomin (aziende di comunicazione) a quella di Fita (terziario avanzato), oltre a ricoprire la carica di responsabile della Confindustria Servizi. La vittoria dell’Unione alle scorse elezioni è per l’imprenditore romano una grande opportunità: dall’alto della sua posizione politica all’interno dell’associazione degli imprenditori Tripi chiede precise misure al governo. Si scaglia contro le gare al ribasso, che «sfavoriscono le imprese che utilizzano personale dipendente» costringendo le aziende che vogliono essere competitive a utilizzare contratti precari. «E’ semplicemente scandaloso - aggiunge Tripi nell’assemblea di Confindustria - che oggi enti e aziende a totale controllo pubblico partecipino alle gare con loro società erodendo lo spazio alle imprese private con uno stravolgimento totale delle regole del mercato». La critica a quello che anche Montezemolo, nell’ultima assemblea di Confindustria, ha spregiativamente chiamato “neostatalismo municipale”, nel pensiero di Tripi fa il paio con la richiesta di un mercato controllato, una riforma delle gare su base qualitativa, con particolare attenzione alle condizioni di lavoro. Ma come mai l’imprenditore dei call-center che mai ha avuto scrupoli ad utilizzare ogni forma di contratto precario, oggi preferisce presentarsi come un difensore dei lavoratori, un paterno padrone d’altri tempi. Cosa è accaduto?

Per capirlo conviene ricordare gli ultimi passaggi della vicenda dell’Atesia. L’11 aprile i sindacati firmano un accordo che prevede 1100 contratti di apprendistato e solo 170 assunzioni a tempo indeterminato. Si alza il coro delle critiche, i lavoratori del collettivo precari dichiarano lo sciopero, la regione Lazio fa intendere che mancano i soldi per finanziare un numero così elevato di apprendisti. Il 16 Maggio, per una strana coincidenza, arrivano ai giornali due lettere contemporaneamente: la prima, firmata dal segretario generale della Slc-Cgil Emilio Miceli in cui, a causa della presenza degli ispettori del lavoro nell’azienda, si intima di non applicare l’accordo appena firmato, e si chiede la convocazione di un tavolo al neo ministro del lavoro Cesare Damiano. A brevissima distanza giunge la lettera di Gianni Camisa, amministratore delegato di Atesia. Il quale, dopo aver affermato che Almaviva è «la società del settore col più alto rapporto tra lavoratori a tempo indeterminato e lavoratori atipici», rilancia la proposta del sindacato, chiedendo al Ministero regole certe sugli appalti. Una proposta che pochi giorni dopo, il 25 maggio, sarà ripresa dall’intera Assocontact, l’associazione dei proprietari di call-center in outsorcing. Come mai la vicenda Atesia arriva immediatamente tra le carte del nuovo ministro? In primis molti dubbi provengono dall’inchiesta dell’ispettorato al lavoro nel grande call-center di Cinecittà. E’ molto probabile un rapporto finale che non riconosca il carattere autonomo dei contratti a progetto, e dunque costringa l’azienda a pagare salate multe all’Inps e a risarcire i lavoratori (proprio per questo ai nuovi assunti viene chiesto di firmare una liberatoria con l’impegno a non chiedere risarcimenti all’azienda). In quel caso Atesia rischierebbe la chiusura, e su questo pericolo è prevedibile un coinvolgimento del governo. Ma c’è un altro livello, quello che riguarda milioni di euro di commesse pubbliche. Tripi va in cerca di un aiuto dalla maggioranza che ha sempre sostenuto - fin da quando affidò gratuitamente a Prodi, nel lontano 1996, i principeschi uffici di Piazza SS Apostoli: lo scambio sarebbe fra migliori condizioni contrattuali ai lavoratori e la garanzia di appalti. Il re dei call-center del precariato sa che il suo futuro potrebbe dipendere da buoni rapporti col nuovo governo, e usa la precarietà come strumento di contrattazione. Ora, col nuovo accordo e i licenziamenti, la posta in gioco si alza. La dirigenza di Atesia fa un grosso passo in avanti, applica un accordo da tutti rigettato, mette sulla strada 400 lavoratori. E nel frattempo chiede un incontro al governo. La prima risposta, a firma del ministro Damiano e del sottosegretario Rosa Rinaldi, è l’invito a «effettuare le assunzioni previste e a rinnovare i contratti in scadenza, al fine di creare un clima di maggiore serenità all’interno delle sedi di lavoro». Appuntamento alla prossima puntata.

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