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Una vasta campagna ispettiva come rimedio al precariato - Il Sole 24 Ore, giovedì 11 mag 2006
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Accordo Armonizzazione 3/07/2009
Mobilità lunga e Accordi 19/02/2007 Proposta rsu per Almaviva Green |
Una vasta campagna ispettiva come
rimedio al precariato
Il lavoro nei call center rappresenta un osservatorio privilegiato
degli attuali limiti e delle contraddizioni del dibattito su legge Biagi e precariato.
Vero è anzi, come dimostrano i due accordi Atesia di cui parlano
Nicoletta Rocchi e Luciano Scalia (si veda «Il Sole-24 Ore» di ieri), che è
stata la legge Biagi a imporre una drastica riorganizzazione del lavoro nei call
center sino ad allora caratterizzati per un utilizzo massiccio e abusivo delle
collaborazioni coordinate e continuative. Quanto accaduto in Atesia mostra
anche agli osservatori più scettici e ideologicamente prevenuti la vera
finalità della legge Biagi: incrementare cioè i livelli di tutela dei
lavoratori fornendo al contempo alle imprese valide alternative all'utilizzo
distorto della flessibilità tipologica dei contratti di lavoro. È questo quanto
ho sostenuto sul Sole 24-Ore del 23 maggio 2004 parlando di un percorso di
emersione mirata e selettiva di molteplici forme di lavoro grigio che oggi
caratterizzano il nostro mercato del lavoro e quello dei call center in
particolare. Se questo percorso di progressivo passaggio dalle collaborazioni
fittizie a forme flessibili di lavoro dipendente non è stato possibile con
riferimento al primo accordo del 2004 ciò non è imputabile alla legge Biagi,
semmai all'ostruzionismo delle Regioni che non hanno ancora dato attuazione
alle regolamentazione dell'apprendistato professionalizzante (in Lazio, dove
opera Atesia, manca una legge regionale e questo paralizza l'utilizzo
dell'apprendistato). Vero è però che l'accordo firmato lo scorso 11 aprile
individua un percorso chiaramente contra legem: pur di non applicare lo staff
leasing, ovviamente in via sperimentale e per un numero circoscritto di ex cococo,
si forza la normativa sul contratto di apprendistato superando i tetti di
contingentamento imposti dalla legge. Quanto basta per intuire quale sia stato
l'interesse congiunto, tra azienda e organizzazioni sindacali, che ha portato
alla firma della recente intesa. L'azienda ha infatti subito di buon grado il
veto sindacale sul famigerato staff leasing perché sa bene che non è affatto
una forma di lavoro precario con cui è possibile ridurre il costo del lavoro.
Meglio ricorrere a contratti incentivati e con trattamenti retributivi ridotti
in luogo della sperimentazione di uno degli aspetti più innovativi della legge Biagi,
e cioè la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, che pure prevede
l'assunzione stabile dei lavoratori e percorsi mirati di formazione e tutela
del reddito grazie alla quota del 4% sul costo complessivo del lavoro. Ciò rilevato, proprio a tutela dell'anima laburista e riformista
della legge Biagi, che è poi l'unica cosa che mi stava a cuore nello scrivere
l'articolo di sabato scorso, non posso non concordare con la proposta, concreta
e incisiva, di Nicoletta Rocchi: avviare cioè finalmente una larga inchiesta su
tutto il territorio nazionale sia con riferimento alla organizzazione del
lavoro nei call center sia in relazione al tema delicatissimo delle gare di
appalto per i servizi nella pubblica amministrazione che è poi il principale
utilizzatore di forme di lavoro irregolari. È questa l'unica strada per
combattere il vero precariato e superare le dispute ideologiche e nominalistiche
sulla Legge Biagi. Potrebbe essere peraltro questa l'occasione, da parte del
nuovo Ministro del lavoro, per prendere in mano e rispolverare la
"direttiva fantasma" sul lavoro a progetto che detta regole rigorose
ma certe sull'impiego dei collaboratori anche con riferimento ai call center.
Avviare una massiccia campagna ispettiva senza aver prima chiarito le modalità
di corretto utilizzo del lavoro a progetto non farebbe altro che alimentare
nuova confusione e un imponente contenzioso dannoso non solo per le imprese ma
anche per gli stessi lavoratori. |
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