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[ Dicono di noi > C'era una volta l'informatica di Telecom - FabbricaSocietà, giovedì 10 mar 2005 ]

Accordo Armonizzazione 3/07/2009

Mobilità lunga e Accordi 19/02/2007

Proposta rsu per Almaviva Green

C’era una volta l’informatica di Telecom I.: l’affaire Finsiel

Con la vendita dell’ultimo gruppo informatico nazionale da parte di Telecom Italia

tramonta il sogno decennale del Polo Informatico Nazionale. Si perde un' altra occasione per intervenire

nella dissestata economia del nostro Paese.

di Pino Russo

A febbraio 2003, all’epoca dell’avvio dell’ultimo Piano Industriale “dell’ex monopolista

telefonico”, l’Informatica di Telecom Italia (IT.G.) contava dodicimila addetti distribuiti in una

quarantina di aziende. Nei tre anni successivi il settore è caratterizzato da profondi sconvolgimenti

cadenzati da colpi di scorpori, vendite, fusioni, creazioni di nuovi soggetti industriali disegnati ad

hoc per rispondere all’esigenza di collocare, in qualche modo, i rami industriali identificati ed

estrapolati in attesa della definitiva alienazione. Le prime fasi di questo radicale sconvolgimento

vengono seguite e compiute in buona concertazione con le OO.SS. di categoria dei metalmeccanici

e, dell’allora neonato, sindacato della comunicazione; l’approccio iniziale, si configura con la

separazione dell’informatica di Corporate (IT.Telecom.) con quella di mercato (IT.Mercato alias

Gruppo Finsiel) e vede accordi con le parti sindacali di riferimento circa una serie di focalizzazioni

ed individuazioni di rami che, sostanzialmente, mirano allo split-off delle fasi non direttamente

riconducibili al core business. Ecco, quindi, la creazione dei rami del payroll, del facility

management, dell’assistenza logistica, a cui si aggiungono gli altri scorpori derivanti dalla

riorganizzazione della Casa Madre che, negli stessi frangenti, attua la stessa politica di

“atomizzazione” nel settore degli immobili, del parco veicoli, in pezzi dell’amministrazione …….ci

si rende ben presto conto che nulla è sfuggito alla fantasia innovatrice degli ispiratori del P.I. !

Nascono così le prime serie frizioni con i sindacati che pure, nella prima fase, avevano cercato di

inseguire l’azienda con l’obiettivo di mantenere, quanto più possibile, le condizioni di tutela e di

rappresentanza anche per i lavoratori scorporati e favorendo accordi mirati all’incentivazione

all’esodo e al turn over. Già nelle fasi immediatamente successive agli scorpori ci si accorge che,

dietro le condivisibili intenzioni di riorganizzazione, le vere mire sono quelle dell’abbandono di

interi settori in funzione della ricerca di migliori performance di reddito: il payroll finisce ad

Accenture, l’hardware ad una controllata Hewlett Packard; per esternalizzare la manutenzione

prima viene risvegliata, da un letargo di decenni, una società denominata Emsa, ma dopo poche

settimane viene decisa un’ulteriore scissione, separando la parte di archiviazione documentale dal

rimanente, e consegnando i due nuovi tronconi individuati ad altri soggetti che poi vengono

venduti e riassemblati in nuove realtà industriali. Descrivere nei dettagli le cronache sindacali e le

sperimentazioni industriali che in questi anni hanno riguardato le vicende di buona parte degli

informatici delle aziende del gruppo Telecom I. è compito assai ardito anche per chi ha avuto la

responsabilità di seguirne le vicende da entrambi gli osservatori categoriali (metalmeccanico e TLC).

Soprattutto il lettore rischia un noioso viaggio intricato d’un susseguirsi di passaggi e di nomi

d’aziende, poi rivendute ed esplose in nuove segmentazioni. L'evento medio è rappresentato da

gruppi di centinaia e centinaia di lavoratori che nel giro di dodici (12 !) mesi hanno subito tre

cambi di azienda e tre cambi di CCNL e, quindi, delle condizioni normative e retributive, del

fondo pensionistico di categoria, delle polizze assicurative e di quelle sanitarie, del Cral e delle

condizioni di rappresentanza sindacale. Inutile ricordare che, alla fine, l’impianto di diritto e di

tutela di tutti questi istituti risulta largamente compromesso; nella migliore delle ipotesi

depotenziato e, il più delle volte, ne rimane solo il ricordo! Lo scenario che ci si trova davanti nelle

assemblee è di lavoratori sviliti, avviliti e mortificati. Non stiamo diatribando circa aspetti afferenti

alla mobilità aziendale o alle riorganizzazioni, come pure operate negli ultimi quindici anni dalle

industrie, private e non, nel nostro Paese; qui siamo oltre il 2112 del codice civile, oltre la legge

Biagi, oltre la normale comprensione delle logiche che presiedono ad una riorganizzazione

industriale.

Vediamo, per esempio, che cosa successe nella cosiddetta informatica di casa (IT.T.).

Nel gennaio 2003, secondo la logica di realizzare in casa soluzioni informatiche per il Gruppo da

veicolare sul mercato, specialmente della pubblica amministrazione locale, (come recitato dal P.I.

2002), utilizzando il vettore delle aziende che, all’uopo, si era deciso di riunire nella cosiddetta

parte mercato (IT.M.), viene operata la fusione delle quattro grandi aziende che sul territorio

nazionale fornivano soluzioni e prodotti per gli apparati tecnologici del costellato regno delle

telecomunicazioni di Tronchetti Provera. Prende vita “I.T. Telecom”, sommando Telesoft, Netsiel,

Saritel, Sodalia e, nella successiva estate, aggiungendo 600 lavoratori scoporati da Finsiel del

cosiddetto ramo “Industria e Servizi”. Il risultato viene spiegato come un monolitico soggetto

aziendale composto da più di 5.000 tecnici specializzati con la missione esclusiva di mantenere il

complesso apparato per il business della telefonia fissa, mobile, internet e per la creazione e

gestione di tutto quel sistema di servizi e soluzioni innovative che arricchiscono l’offerta del

gruppo Telecom I. che, velocemente, va ad implementare l'antica missione della fonia. L’esperienza

dura però il tempo del passaggio d’una meteora: al 31 dicembre 2004 l’azienda “IT.Telecom”

finisce incorporata nella Casa Madre, non prima d’aver atomizzato e polverizzato una metà degli

addetti con una serie di scorpori e vendite. C’è una favola a questo punto che gira tra gli

informatici rimasti che immagina, subito dopo la fusione di Tim in Telecom, il disegno di

perimetrare il ramo informatico….!

E la storia continua … sembra una favola e, invece, è la cronaca di quello che fino a qualche mese

fa veniva identificato come il volano principale, intorno al quale realizzare un Polo Informatico

Nazionale. Questo attraverso una politica di intervento, anche, di risorse pubbliche finalizzata a

rientrare nelle decisioni del Governo per una ripresa industriale ed economica del nostro Paese.

Quale sarà il destino del ramo informatico che verrà disegnato? A chi sarà ceduto? Quali saranno

le forme di alleggerimento di costi e di condizioni sindacali previste?

La favola di cui sopra si alimenta anche da ipotesi che preannunciano una dichiarazione di 2.500

lavoratori eccedenti che non sarà semplice provvedere a risolvere in modo tradizionale! Primo,

perché i cassetti degli ammortizzatori dell’INPS sono oramai ridotti ai minimi termini; secondo,

perché la riforma pensionistica dello scorso luglio allunga i tempi per la maturazione dei requisiti

necessari, a non opporsi alla proposta di uno “scivolo” verso la pensione. Intanto, e questa è cronaca

sindacale di questi giorni, il fantasioso management H.R. propone ai lavoratori informatici neo

fagocitati, di proporsi per una riconversione verso i settori commerciali della vendita dei prodotti

(Alice, Aladino, connettività digitale ecc. ecc.) e dei servizi (call center vari; 187, 191, numeri

verdi…….ecc.)

Il caso della vendita del gruppo Finsiel, dentro questo scenario, mutua in toto le modalità della

gestione del P.I. del resto dell’informatica di Tronchetti & C.. Ecco quindi dal 2003, anche in quella

parte che doveva rappresentare la delivery di mercato delle innovazioni realizzate da Telecom I., si

consuma la riorganizzazione con amputazioni ed alleggerimenti di parti “non core” o a basso

margine di profitto e con la vendita di qualche gioiello di famiglia. A parte l’atto dovuto di Sogei,

assorbita in regime di nazionalizzazione dal Ministero delle Finanze, le vendite di Informatica

Trentina, di Netikos, della divisione Industria e Servizi, di Webegg, di Teleap, della partecipazione

in Lottomatica, ma anche l’abbandono del presidio di importanti regioni, risponde solo in parte ad

una logica di cassa, ma soprattutto al disimpegno di pezzi industriali nei quali la messa in sinergia

con le attività della casa madre avrebbe richiesto risorse e tempo: fattori questi, che poco si

coniugano con l’attuale fase del colosso delle telecomunicazioni italiane, impegnato ad

esponenzializzare la propria crescita, in modo da allungare i tempi della solvibilità del proprio

debito.

Si arriva così allo scorso dicembre: con tre singole telefonate ai responsabili di Uilm, Fim e Fiom,

Telecom Italia manda a dire che è in corso una gara per l’acquisizione delle aziende rimanenti

dell’articolato segmento informatico: vale a dire quell’1/3 che rimane, dopo meno di tre anni di

gestione del P.I., con circa 4.000 addetti organizzati in 14 aziende e caratterizzati da forti sinergie

ed integrazioni.

In questi due mesi si sono susseguite una serie di manifestazioni, interpellanze parlamentari,

regionali, comunali.

Il dato attuale vede le 14 aziende nate dalle costole della Italsiel che per prima nel nostro paese

avviò la, ancora incompleta, azione di informatizzazione dei Ministeri, estendendola a cascata sul

territorio nazionale, attraverso una rete di filiali e aziende collegate, alla pubblica amministrazione

locale. In pratica, la capillare e diffusa articolazione sul territorio nazionale della trentennale

attività del gruppo, diventa l’asse portante, il punto di forza sindacale attraverso il quale l’azione

sindacale è riuscita ad evidenziare alla pubblica opinione, alle forze politiche, al M.A.P. fino alla

Presidenza del Consiglio, l’azione di lotta condotta dai tecnici delle aziende Finsiel che

sostanzialmente chiedevano e continuano a chiedere:

1. integrità dell’intero gruppo: lo spettro di una “vendita a spezzatino” rischierebbe da subito di

mettere in ginocchio pezzi significativi che oggi si reggono grazie ad un’articolata politica di

collegamento e di messa in sinergia di settori e di aree geografiche anche molto distanti. E’ il caso

della Pubblica Amministrazione Locale, attualmente divisa in sette società e partecipate da enti

locali, ma con i prodotti da commercializzare di proprietà di una sola di esse, Insiel società in

partecipazione con la regione Friuli che, in questi giorni, completerà le pratiche per l’acquisizione

dell’intera proprietà, minando i collegamenti con il resto del gruppo;

2. salvaguardia dell’occupazione e dei diritti esistenti: il pericolo serio che si profila è che le

ricadute negative in termini occupazionali andrebbero ad aggravare le sorti di quelle aree dove più

acuto è il malessere della mancanza di lavoro. Telecom Italia non può ritenersi una qualsiasi

azienda privata di questo Paese, almeno fintanto che i clienti di servizi telefonici continueranno a

pagarLe il costo di una bolletta e ricevendo la fornitura, a titolo oneroso, da uno dei tanti gestori

figli di una liberalizzazione incompiuta e della quale non si è riusciti a beneficiare a pieno, anche,

per la presenza di queste contraddizioni, tutte italiane.

Intanto si arriva all’apertura delle buste, vengono rese note le proposte definitive e vincolanti

formulate dai concorrenti. Telecom Italia annuncia alla stampa che,- Finsiel se l’aggiudica il

gruppo COS -, in cordata con Interbanca, per circa 200 miliardi di vecchie lire. A caldo le cronache

riportano succinte dichiarazioni di vari esponenti politici di maggioranza e d’opposizione. Il

giudizio è “on-off”, quasi come se la vendita dell’ultimo raggruppamento di aziende, distribuito

sul territorio nazionale da nord a sud, con un patrimonio di esperienze diversificato per settori,

rappresentasse un fatto etico o ideologico.

Dichiarazioni di contrarietà in funzione di un giudizio preclusivo nei confronti dell’acquirente ci

paiono approssimative. Il gruppo Cos si occupa, al momento, di sviluppare e vendere servizi ed

attività tramite call center. Sicuramente il core business non è direttamente riconducibile a quello

delle aziende Finsiel, anche se per diversi aspetti, organizzato strategicamente, ne potrebbe

rappresentare diverse complementarità. D’altra parte il giudizio positivo espresso da quanti

sottolineano la presenza tutta Tricolore dei soggetti interessati, ci sembra, francamente,

assolutamente inadeguata a comprendere l’articolazione dei processi produttivi coinvolti nella

vendita e le potenzialità in termine di leva di politica economica da essa rappresentata.

Il principale fattore di negatività che l’operazione, così come annunciata, determinerebbe è

l’esclusione di Telecom da ogni responsabilità nel settore. In pratica nemmeno una briciola di

capitale rimarrebbe nelle sue mani, abbandonando al proprio destino le 14 aziende con i 4.000

addetti. Lo scenario determinabile è oggi, a noi, già noto e rappresentato dagli effetti procurati

dalla vendita a pezzi delle aziende Olivetti, distribuite fra le varie multinazionali che agiscono sul

nostro territorio: a caccia di quote di mercato ed interessate al lavoro degli uffici del personale in

cerca di leggi e modalità per tagli e riduzioni.

L’altra grossa delusione, oggi, è rappresentata dalla negata azione del Governo. E’ dall’inizio della

legislatura che questo Esecutivo continua ad ipotizzare un azione forte nel settore rispolverando lo

slogan del Polo Informatico Nazionale. Questa sarebbe l’occasione buona per dimostrare capacità

di far seguire qualche fatto alle molte parole spese in materia di intervento nel settore.

L’impressione, dopo due mesi di contatti con Ministeri e presidenza del Consiglio, è che ci sia

molto poca progettualità ed una profonda paura di disturbare il manovratore!

In una lettera inviata nei giorni scorsi all’ on. Gianni Letta i segretari generali di Uilm, Fim, Fiom,

ribadiscono imprescindibile l’intervento immediato della Presidenza del Consiglio per evitare il

precipitare della situazione.

A questo punto è oltremodo indispensabile che il Governo proceda su due strade:

assicurare la permanenza di Telecom Italia nella compagine azionaria del Gruppo ITM

richiamando la società alle proprie responsabilità;

istruire i termini entro i quali il Governo intende favorire la costituzione di un polo

informatico italiano, individuando soggetti e progetti industriali, e valorizzando e

rilanciando la funzione di garanzia degli azionisti pubblici (attualmente Banca d’Italia detiene

il 14%).

 

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