L’orario di lavoro

Quando compro qualcosa non la compro con i soldi, ma con il tempo della mia vita che è servito per guadagnarli”. Pepe Mujica ex Presidente dell’Uruguay (2010 al 2015) che donò il 90% del suo stipendio in solidarietà.

L’orario di lavoro può sostanzialmente essere definito come il periodo in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro, con l’obbligo di esercitare la sua attività o le sue funzioni.

Al contrario, qualsiasi periodo che non rientra nell’orario di lavoro è definito come periodo di riposo.

Grazie ai progressi tecnici e socio-culturali dell’umanità, il problema “storico” è sempre stato quello di trovare un equilibrio più avanzato tra “tempi di riposo” (oggi diremmo tempi di vita) e “tempi di lavoro”.

Di seguito una breve panoramica.

  • Fine ‘800 – inizio ‘900 – i settori tessile e meccanico sono quelli con le condizioni più drammatiche. Gli occupati lavorano anche 14 ore al giorno e senza limiti di età (anche minori). Si verificano scioperi importanti che ottengono rilevanti risultati.
    • Il primo maggio del 1890 le operaie della filanda “Tambosi” a Lavis scioperarono un’intera settimana per una riduzione dell’orario di lavoro da 13 a 10 ore giornaliere.
    • Nel marzo 1906 alla FIAT s’era stipulato un accordo che all’art. 2 recitava: “l’orario normale di lavoro è di 10 ore. Le prime due ore straordinarie, oltre le dieci, verranno retribuite col salario maggiorato del 25 %. Al di là delle 12 ore l’operaio non è più obbligato a prestare la sua opera. Se lo farà verrà retribuito col 50% in più del salario normale”.
    • Il 5 maggio 1906 16.000 operai del settore meccanico (di cui 12.000 donne) invadono il centro di Torino per rivendicare le 10 ore giornaliere.
  • Tra le due guerre mondiali – il 20 febbraio 1919 viene stipulato un accordo per le 48 ore per il comparto metallurgico. I lavoratori, in un contesto post-bellico, hanno aspettative di un miglioramento sostanziale della loro posizione economica e sociale. Nel 1923, con il Regio Decreto 692 (convertito in legge 473 il 17/4/1925), si estende a tutte le categorie l’orario di lavoro massimo di 8 ore giornaliere, 48 settimanali ed è definito come orario legale.
  • Il primo dopoguerra – La Costituzione della Repubblica italiana al Titolo terzo (Rapporti economici) art. 36 afferma: “la durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge.” E ancora “il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunciarvi.
  • Gli anni ’60 – I rinnovi contrattuali del ’62-’63 sono caratterizzati da una significativa riduzione dell’orario di lavoro settimanale. Nell’arco di alcuni anni, la contrattazione porta la maggior parte delle categorie ad ottenere un orario medio di 44 ore settimanali
  • Gli anni ’70 – Un decennio di confronti duri e generalizzati contro l’organizzazione del lavoro, in cui si indicono scioperi interni che puntano a paralizzare la produzione. La base operaia impone così una piattaforma molto avanzata che trascinerà il resto delle categorie industriali. E’ la stagione dei Consigli di Fabbrica, organismo di rappresentanza eletto direttamente dai lavoratori di un’impresa, costituito da delegati temporanei e immediatamente revocabili eletti nei luoghi di lavoro.Il susseguirsi dei rinnovi contrattuali porta alle 40 ore di norma in cinque giorni lavorativi (8 ore al giorno dal lunedì al venerdì). Si evidenzia la stretta correlazione tra orario/organizzazione del lavoro/occupazione. Il controllo sull’orario, sulle condizioni e sull’organizzazione del lavoro sono aspetti collegati: senza quest’ultima, i vantaggi della riduzione d’orario possono essere vanificati, sia dal punto di vista occupazionale che da quello della qualità della vita.

 La contrattazione in Almaviva

La contrattazione di II livello (aziendale) si intreccia ovviamente con questa storia a partire dagli anni ’70, con la stagione dei Consigli di Fabbrica e mentre nei convegni si comincia a discutere della possibilità di scendere a 35 ore settimanali di lavoro

  • Gli anni ’80 – Nel gruppo informatico Finsiel, nato alla fine degli anni 60, la rappresentanza sindacale (Consiglio di Fabbrica) concorda ulteriori riduzioni dell’orario di lavoro portandolo progressivamente alle 37 ore e 30’ settimanali (7h e 30 min giornalieri) rispetto alle 40 h previste dal CCNL.
  • Anni ’90 – Nel 1992 l’Azienda Finsiel dichiara la prima disdetta degli accordi aziendali. Le conseguenze della disdetta cambierebbero in modo significativo sia l’orario contrattuale che i meccanismi di elasticità e flessibilità in vigore. La RSU e i dipendenti reagiscono con scioperi e cause legali; tutte le iniziative sono molto partecipate e sostenute riuscendo a portare la vertenza fin sui tavoli ministeriali e, successivamente, alla stesura di nuovo accordo integrativo (1995) che prevede 38 ore settimanali (7.36’ giornalieri medi) con elasticità, flessibilità e 24 ore di ROL annuali a recupero della riduzione settimanale perduta.
  • Il nuovo millennio (2007-2022) – Dopo l’acquisto di Finsiel da parte della famiglia Tripi nasce Almaviva e viene definito un primo accordo di armonizzazione che conferma ed estende quanto previsto da quello del 1995. Nel tempo seguono periodi di crisi e periodi di crescita economica aziendale con altre due disdette di accordi, superate dalla mobilitazione dei dipendenti che ha permesso di raggiungere prima l’accordo del 2015 e poi l’ultimo del 14 dicembre che rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2025: il testo conferma il regime di orario definito storicamente, ampliando l’elasticità e la flessibilità già previste.

Le condizioni di miglior favore possono essere verificate sulle “schede contrattuali” di sintesi del nostro contratto integrativo aziendale, presenti sul sito della RSU in particolare quella sull’orario di lavoro.