RSU Finsiel – Comunicato di martedì 09 gen 2007

I risultati dell’accordo
   Fuori dalla precarietà. Da oggi tutti          impegnati nella lotta per la qualità.

La valutazione delle lavoratrici e dei lavoratori del Gruppo Almaviva di tutta Italia ha confermato la sottoscrizione dell’Accordo siglato da Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uil.com-Uil e dalle Rsu/Rsa il 13 dicembre del 2006.

Hanno votato ben 3100 persone, si sono registrati 2478 voti favorevoli all’accordo (617 i no), con percentuali SÌ 80%, NO 20%.

Va registrato l’andamento del voto di Roma, però, dove il 58,7 % ha votato no ed il 40,88% ha votato sì.

Era chiaro dall’inizio che Roma sarebbe stato il centro con più problematicità, sia per i trascorsi difficili, sia per una storia aziendale più lunga rispetto agli altri territori, sia per una condizione sociale diversa.

Per questo la scelta attenta della Cgil nello sviluppare un numero eccezionale di assemblee, 13 in 3 giorni di una durata di 2 ore, il voto referendario per un giorno e mezzo, la diffusione di materiale informativo ed un presidio costante. Questa iniziativa della Cgil, oltre a modificare il metodo passato e sviluppare un giusto percorso democratico, ha dato modo a tutti di confrontarsi.

Anche se su Roma l’Accordo non è stato reputato sufficiente e vi sarà applicato per una validazione nazionale, non si può non capire che la contrattazione che è implicita nell’Accordo e presente nella Contrattazione di Secondo Livello dovrà necessariamente andare a recuperare quei bisogni insoddisfatti.

Proprio partendo da questa coraggiosa e giusta impostazione si sono raccolte istanze all’interno delle Assemblee prima sconosciute. Si è capito che i bisogni di quel luogo di lavoro sono complessi e si sono sedimentati in 15 anni di “selezione” aziendale, metodo che ha reso individuale ogni rapporto, ha reso indisponibile ogni capacità collettiva di reazione e solidarietà. Ha reso incomprensibile che un sindacato solidale come è la Cgil estenda la valutazione a tutte e tutti i lavoratori, senza creare distinzioni territoriali.

Primo sintomo la bassa partecipazione alle assemblee, la scarsa attenzione ad una cosa che stava trasformando radicalmente migliaia di vite; in alcune fasi assembleari sembrava che i lavoratori ci chiedessero un contratto per ognuno di loro, senza percepire il senso della contrattazione nazionale.

Tutto questo chiaramente non  è riconducibile ad una responsabilità dei lavoratori, né del solo sindacato ma ad una cultura sbagliata che si è affermata negli ultimi 15 anni secondo la quale il libero mercato e la flessibilità più estrema sarebbero state l’unica  risposta  possibile per lo sviluppo per il benessere generale.

·        Abbiamo detto No con forza ad una stabilizzazione parziale. Il vincolo della solidarietà ha imposto al sindacato, in questa fase della contrattazione nazionale, la scelta di tenere tutti dentro, anche se ad orario parziale (una scelta diversa avrebbe infatti comportato l’espulsione di qualche migliaio di lavoratori).

·        Abbiamo detto NO ad una trasformazione di 1000 lavoratori ad apprendistato.

·        L’Accordo garantisce, come previsto dalla Finanziaria, il recupero e il mantenimento dei contributi previdenziali ai fini pensionistici per i cinque anni pregressi (come lavoratori dipendenti).

·        L’accordo è il punto di partenza per costruire una ulteriore fase rivendicativa in cui dovranno essere affrontati e risolti temi quali:

         aumento del numero delle ore lavorate nel corso della stabilizzazione,

         stabilità di turni e matrici che consenta a lavoratori Part time di svolgere almeno attività alternative (di lavoro e/o di-studio),

         aumenti salariali.

-VOGLIAMO UN LAVORO DI QUALITA’-

E’ evidente che grazie all’accordo si potrà avere una forza rivendicativa determinata dall’avere diritti che prima non si avevano, diritto ad organizzarsi, diritto di sciopero, diritto di assemblea retribuita (oltre ai diritti insiti nel contratto a tempo indeterminato come il diritto alla malattia, alla maternità, alle ferie, ai permessi retribuiti, ecc.), e che lo sforzo delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori deve essere sinergico e diretto al miglioramento complessivo della qualità del lavoro.

Questa forza va sviluppata da subito per ottenere il massimo possibile da una controparte che si è sempre dimostrata dura e sorda.

Inoltre, nella fase conciliativa, la Cgil, ai lavoratori che non riterranno di accedere alla conciliazione, metterà a disposizione strumenti e sedi per ogni necessaria verifica per l’assistenza che verrà richiesta (così come espresso nel Direttivo del 21-22 novembre 2006 e come peraltro previsto dal Codice Civile).

Noi riteniamo che l’Accordo sia un’opportunità per la trasformazione di un Gruppo e di un settore, crediamo che la trasformazione di 6500 persone da collaboratori a lavoratori subordinati sia la rivoluzione più grande, ottenuta dalle lotte di tutti questi anni da parte di tutti gli operatori del Gruppo; riteniamo che se si deve ringraziare qualcuno del risultato ci si deve complimentare con il vicino di postazione, lavoratore invisibile (fino a ieri) che con il suo sacrificio ha aperto una nuova fase politica nella quale la precarietà è divenuta finalmente un simbolo negativo.

Non ci sarà più una espulsione del lavoro subordinato dovuto al dumping contrattuale, i 10.500 lavoratori del Gruppo avranno tutti gli stessi diritti e lo stesso contratto applicato, questo se esteso a tutto il comparto produrrà un innalzamento contrattuale nel settore e invertirà la rotta degli ultimi 5 anni.

Grazie alle lotte si è ricominciato a parlare di lavoro e di dignità cambiando anche il linguaggio televisivo e dei media. Pensiamo che ora inizi la fase più complessa, quella nella quale sarà necessario essere presenti e attenti a che tutto vada nel miglior modo possibile e che i lavoratori abbiano una risposta adeguata alle loro esigenze.

Per poter fare questo la Cgil dice basta a metodi inaccettabili utilizzati da alcuni soggetti. La trasparenza nell’espressione del voto è stata totale al di là delle forme valutative applicate; su Roma il referendum ha visto la presenza dei lavoratori al seggio, stessa cosa è successo sugli altri territori; i lavoratori hanno comunque vigilato a che le votazioni si svolgessero con regolarità. E noi pensiamo che i lavoratori abbiano tutti la stessa dignità al di là di dove vivono e di quale contratto abbiano.

Non è poi accettabile che chi rappresenta delle istanze, anche se fossero quelle del 42% dei lavoratori (e, peraltro l’80% in tutta Italia) senta continuamente messa in discussione la legittimità della propria presenza in azienda e la propria dignità con metodi che nulla hanno a che fare con il dibattito sindacale, anche quello più acceso. Dibattito che noi riteniamo vada sviluppato sempre nel rispetto dell’altro. Inoltre non si può non vedere che una divisione dei lavoratori oggi, priverebbe gli stessi di una capacità rivendicativa sulla contrattazione di secondo livello che andrebbe a minare proprio quelle istanze che sono emerse dalle assemblee.

Chi oggi guarda al passato, chi oggi non fa fronte comune per richiedere entro  domani: salario, stabilità nei turni, più ore lavorate, non fa un’operazione di rappresentanza sindacale che si esplica nella contrattazione. L’invito è quindi al senso di responsabilità, perché in questa fase il Gruppo Almaviva può tentare di rendere illeggibili i dati per gestire unilateralmente l’accordo e i numeri, ed è responsabilità complessiva, per prima delle organizzazioni sindacali, rendere esigibili le rivendicazioni espresse anche nelle assemblee oltre che quelle già realizzate nell’accordo, approvato dalla maggioranza dei lavoratori del gruppo.

 

 


Roma, 9 gennaio ’07

Cgil Roma e Lazio           Slc-Cgil Nazionale             Nidil-Cgil Nazionale    Rsu/Rsa Cgil Cos/Atesia

Cgil Rm Sud                    Slc-Cgil Roma e Lazio       Nidil-Cgil Rm Sud

                                         Slc-Cgil Rm Sud